A Bonn finalmente qualcosa si è mosso. Un terzo dei governi mondiali riconosce che dobbiamo passare dai combustibili fossili all'energia pulita nell'arco di una generazione.
Il secondo dei climate change talks dell’Onu del 2014, appena concluso a Bonn, in Germania, ha segnato progressi verso un nuovo accordo globale sul clima che dovrebbe essere approvato nel 2015 a Parigi. Rimane però ancora il problema delle richieste di sostegno finanziario più elevato per la riduzione delle emissioni da parte dei Paesi in via di sviluppo, che non sono state accolte dai Paesi sviluppati.
Durante il meeting di due settimane, al quale hanno partecipato 1.900 delegati provenienti da 182 Paesi, si è discusso degli elementi che andranno a costituire il nuovo accordo sul clima, i contributi delle parti dell’Unfccc ed il rafforzamento dell’iniziativa climatica nel periodo pre-2020, quando entrerà in vigore l’accordo che sostituirà il Protocollo di Kyoto.
La segretaria esecutiva dell’United Nations Framework Convention on Climate Change, Christiana Figueres ha detto che «molti delegati a Bonn hanno parlato della crescente comprensione che Parigi 2015 deve essere un punto di svolta nel quale mettere in atto definitivamente i percorsi decisi e definiti per mondo carbon neutral. Bonn può forse essere preso come il momento in cui i governi hanno mostrato nuovi e più elevati livelli di cooperazione e positività verso un accordo significativo a Parigi e l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2 gradi Celsius».
Tasneem Essop, capo delegazione del Wwf all’Unfccc, ha ricordato quanto detto una volta da Nelson Mandela: «Sembra sempre impossibile, finché non è stato fatto» e ha aggiunto: «Dobbiamo mantenere l’attenzione sul periodo pre-2020 e colmare il divario crescente tra le azioni già messe in campo dai Paesi e quello di cui abbiamo bisogno. Sullo slancio che abbiamo visto qui a Bonn, dobbiamo costruire per avere un esito positivo a Lima».
Secondo Gao Feng, uno dei più alti esponenti della delegazione Cinese, «Il consenso aumenta nonostante varie divergenze. I Paesi in via di sviluppo chiedevano una riflessione globale ed equilibrata su mitigazione, adattamento, finanziamenti, trasferimento di tecnologie, capability building e ltrasparenza dei sostegni nel nuovo accordo, così come per i “contributi”, mentre i Paesi sviluppati nei loro punti di vista si sono concentrati troppo sulla mitigazione o i tagli delle emissioni, ignorando l’obbligo di fornire sostegno finanziario e tecnologico ai Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, mentre si approfondiscono i negoziati, sempre più Paesi concordano sul fatto che tutti gli elementi chiave dovrebbero essere inclusi. Sta diventando sempre più costruttivo, sono cautamente ottimista sulla prospettiva di raggiungere in tempo un accordo a Parigi».
Durante i climate chanch gew talks di Bonn, oltre a chiedere maggiori azioni contro il cambiamento climatico prima del 2020, i Paesi in via di sviluppo hanno detto che gli attuali obiettivi per ridurre le emissioni durante il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto fissate dai Paesi sviluppati sono troppo bassi, tenendo conto delle loro capacità e, quindi, i paesi industrializzati dovrebbero incrementarli ed approvare una dettagliata roadmap sulla concessione degli aiuti finanziari promessi. I Paesi sviluppati hanno risposto che ridurranno ulteriormente le loro emissioni solo se gli altri faranno altrettanto, anche Paesi in via di sviluppo come Cina ed India.
I Paesi sviluppati hanno riconfermato la promessa, fatta già nel 2009, di aumentare fino a 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 i loro aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo per affrontare i cambiamenti climatici, ma ancora una volta non hanno chiarito come intendono farlo. Il Green Climate Fund che avrebbe dovuto fornire i finanziamenti climatici è ancora una scatola vuota.
Il capo negoziatore cinese, Xie Zhenhua, ha detto che «i Paesi in via di sviluppo, tra cui la Cina, sono fortemente preoccupati per l’enorme divario tra gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei Paesi sviluppati e la loro responsabilità storica», poi ha esortato i Paesi ricchi ad aumentare i loro obiettivi entro la fine di quest’anno ed a mantenere le loro promesse.
Nonostante queste divisioni, a Bonn sembra essere stata compresa la necessità di arrivare ad un accordo basato su una bozza che verrà presentata entro un mese e che verrà discussa dopo la sessione sui cambiamenti climatici convocata dal segretario generale dell’Onu Ban ki-moon a settembre, i co-presidenti della riunione, Artur Runge-Metzger e Kishan Kumarsingh, hanno detto: «Siamo determinati ad assicurare di renderla disponibile a luglio per un nuovo trattato globale nel 2015 che protegga il pianeta e la sua popolazione da un pericoloso cambiamento climatico. Il clima cooperativo e positivo così evidente qui a Bonn si è ora tradotto in un significativo passo avanti verso gli elementi di un progetto di trattato che deve essere un risultato fondamentale per la fine dell’anno a Lima, Perù»..
Per Climate Action Network il meeting di Bonn è stato costruttivo, grazie soprattutto a Cina e Usa che stanno impegnandosi di più per una reale riduzione delle missioni di gas serra e che si stanno facendo concorrenza sulle energie rinnovabili, ora «tocca ai capi di governo intervenire e fare quelle scelte difficili che i negoziatori non possono fare. Al vertice sul clima convocato dal Segretario generale dell’Onu in settembre, i capi di governo possono implementare nuovi piani per le energie rinnovabili e bloccare i contributi per il finanziamento del carbone»..
Anche Martin Kaiser, responsabile politiche climatiche di Greenpeace International, da un giudizio positivo: «E’ una vera e propria rivoluzione che quasi un terzo dei governi mondiali riconosca che dobbiamo passare dai combustibili fossili all’energia pulita nell’arco di una generazione. I governi possono e devono agire ora a livello nazionale e internazionale per la grande trasformazione, per passare all’energia pulita».
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