Crolla anche il numero di immigrati, nel 2012 calo del 27%. Una ripresa in salita, quella dell'Italia, immortalata dai tradizionali dati Istat che restituiscono la fotografia di un Paese alle prese con famiglie sempre più in difficoltà e una vera e propria emorragia di giovani. Sullo sfondo, l'eterna scure della disoccupazione, che si abbatte su oltre 6 milioni di cittadini. (http://www.lettera43.it/economia/macro/istat-famiglie-sempre-piu-in-difficolta-e-giovani-in-fuga_43675130630.htm)

Un sistema, quello italiano, che non attrae più nemmeno l'imigrazione, se si confrontano i numeri di stranieri in arrivo nel nostro Paese con quelli di cinque anni fa.

Per non parlare della crescita. Che non c'è stata: nel 2013 il Pil è sceso dell’1,9%, sotto i livelli del 2000, e nonostante il debole segnale del quarto trimestre l’anno è iniziato con una doccia fredda . Giù anche i consumi, per il terzo anno consecutivo (-2,6%), e il potere d’acquisto, in calo dell’1,1%. Sempre a livello macroeconomico, l’istituto ha trattreggiato il buon andamento delle esportazioni (+0,1%), una flessione delle importazioni e un'inflazione in netto calo: nella media del 2013 il tasso di crescita dell’indice nazionale dei prezzi al consumo si è più che dimezzato.

Anche per il lavoro è stato un anno tribolato: sono stati bruciati 478 mila posti, il record (negativo) dall’inizio della crisi. Contemporaneamente, la disoccupazione continuava a crescere, dal 10,7% del 2012 fino al 12,2%. Sull’occupazione pesano l’industria e, soprattutto, le costruzioni: -9,3%. La diminuzione dell’occupazione ha riguardato soprattutto i contratti a termine e i giovani: il tasso tra i 15 e i 24 anni è salito del 4,5% in 12 mesi, fino a quota 40%.
Secondo il rapporto diffuso il 28 maggio, nel nostro Paese tra disoccupati e persone che vorrebbero lavorare si contano 6,3 milioni di senza posto.

Nel 2013, ai 3 milioni e 113 mila di disoccupati si sono aggiunte 3 milioni e 205 mila forze lavoro potenziali, ovvero gli inattivi più vicini al mercato del lavoro. Si arriva così a oltre 6 milioni di individui che l'Istat nel rapporto annuale ha definito «potenzialmente impiegabili».

In aumento pure gli scoraggiati (1 milione 427 mila). Guardando ai giovani, nel 2013 tra i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che né lavorano né studiano, i cosiddetti Neet sono 2 milioni 435 mila, in aumento di 576 mila rispetto al 2008. Alzando l'asticella agli under35, l'Istat ha fatto notare come nei cinque anni di crisi gli occupati in questa fascia d'età siano scesi di 1 milione 803 mila. E se «crescono gli occupati di 50 anni e più», soprattutto per effetto dell'inasprimento dei requisiti di pensionabilità, tuttavia «crescono anche coloro che vorrebbero lavorare e non trovano lavoro». Se infatti, ha spiegato l'Istat, «si considera l'insieme di disoccupati e forze lavoro potenziali, sono oltre un milione le persone di 50 e più che vorrebbero lavorare ma non trovano una collocazione».

Nel 2013, poi, sono state 2 milioni le famiglie con almeno un 15-64enne senza occupati e pensionati da lavoro, a cui si è aggiunta un'altra area di disagio fatta da famiglie, composte da più persone, ma rette solo da una pensione da lavoro. Sommando i gruppi emergono 3 milioni di famiglie che potrebbero essere in difficoltà, dove nessuno lavora.

La crisi ha frenato anche gli immigrati: nel 2012 gli ingressi sono stati 321mila, -27,7% rispetto al 2007. In aumento, invece, il numero di stranieri che se ne vanno (+17,9%) ed è un vero e proprio boom di italiani che cercano fortuna all'estero. Nel 2012 - ha fatto sapere l'Istat - gli emigrati erano 68 mila, il 36% in più del 2011, «il numero più alto in 10 anni».

Le difficoltà sul mercato del lavoro hanno spinto a cercare nuove opportunità al di là dei confini dell'Italia: nel 2012 hanno lasciato il Paese oltre 26 mila giovani tra i 15 e i 34 anni, 10 mila in più rispetto al 2008.

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