Il nuovo rapporto delI Centro di Monitoraggio sugli Sfollati Interni (IDMC) indica che, alla fine del 2013, gli sfollati interni a causa di conflitti e violenze hanno raggiunto i 33,3 milioni, ben 4,5 milioni in più dal 2012. Un’impressionate cifra che segna un record per il secondo anno consecutivo. (http://www.unhcr.it/news/dir/28/view/1731/numero-record-di-333-milioni-di-sfollati-interni-in-siria-una-famiglia-fugge-ogni-60-secondi-173100.html)

Il Centro di Monitoraggio sugli Sfollati Interni (IDMC), parte del Consiglio Norvegese per i Rifugiati (NRC), ha oggi il suo rapporto annuale - Global Overview 2014 - presso la sede ONU di Ginevra, insieme all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Il rapporto, che analizza il fenomeno delle migrazioni forzate all’interno dei paesi nel 2013, evidenzia come il 63% della cifra record di 33,3 milioni di sfollati interni segnalati in tutto il mondo provenga da soli cinque paesi: Siria, Colombia, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Sudan. Il rapporto include per la prima volta i dati relativi alla Nigeria, eil rapporto documenta come il conflitto abbia causato ben 3,3 milioni di sfollati nigeriani.

“La cifra record di persone costrette a fuggire all’interno del proprio paese conferma una preoccupante tendenza alla crescita di sfollati interni da quando, alla fine degli anni ’90, l’IDMC ha iniziato la sua attività di monitoraggio e analisi degli sfollati interni”, afferma Jan Egeland, Segretario Generale del Consiglio Norvegese per i Rifugiati.

“Il drammatico aumento degli sfollati interni nel 2013 e il fatto che a livello globale le persone vivano in questa condizione per un tempo medio di 17 anni, sono fattori che suggeriscono come il modo in cui rispondiamo e affrontiamo la questione sia profondamente inadeguato” sostiene ancora Egeland.

António Guterres, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, aggiunge: “Tutti quanti dovremmo preoccuparci per questi numeri e per il loro continuo aumento. Condividiamo la responsabilità di agire per porre fine a questa enorme sofferenza. La protezione e l’assistenza immediata agli sfollati sono imperativi umanitari”.

Alla fine del 2013, si stima persone sfollati fossero 8,2 milioni, ben 1,6 milioni in più rispetto all’anno precedente. Il dato impressionante è che il 43% di tale cifra è rappresentato dalla sola Siria.

“Il rapporto dell’IDMC rivela spaventose condizioni di vita all’interno della Siriadel paese, dove la crisi degli sfollati interni è ad oggi la più estesa a livello globale”, spiega Egeland. “Non solo i gruppi armati controllano le zone in cui si trovano i campi degli sfollati interni, ma le stesse strutture dei campi sono mal gestite, forniscono accoglienza e servizi igienico-sanitari inadeguati e aiuti limitati”. Il rapporto rivela inoltre che grandi concentrazioni di sfollati sono state particolarmente prese di mira dai bombardamenti dell’artiglieria e dagli attacchi aerei.

Al ritmo di 9,500 sfollati al giorno (circa una famiglia ogni 60 secondi), la Siria rimane il paese dove la crisi si configura come la più rapida e acuta del mondo.

I tre paesi che riportano i livelli piu’ alti di nuovi sfollati interni – Siria, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo (RDC) – insieme rappresentano il 67% dei 8,2 milioni di nuovi sfollati creatisi nel 2013.

“Il fatto che questi tre paesi si posizionino in cima alla lista dell’IDMC mostra una realtà allarmante”, ha dichiarato Alfredo Zamudio, direttore dell’IDMC. “Le cifre non comprendono solo chi fugge da crisi relativamente nuove, come accade in Siria e in CAR, ma riflettono altresì le terribili situazioni che tuttora vivono moltissimi innocenti rimasti intrappolati in un conflitto che non sembra aver fine. È il caso, ad esempio, della Repubblica Democratica del Congo, dove le ostilità si protraggono dalla metà degli anni ’90”.

Prosegue Egeland: “Queste tendenze non fanno ben sperare per il futuro – tutti quanti dobbiamo sederci, ascoltare e agire in una più stretta collaborazione per porre fine a questa miseria che interessa milioni di individui; gli operatori umanitari non possono risolvere da soli la situazione”.

“La fuga all’interno dei paesi è un problema di tutti, dai politici alle imprese private, dagli attori dello sviluppo agli avvocati – e ognuno di noi ha un ruolo da svolgere”, afferma infine Egeland.

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