Il 67% è in cinque paesi: Siria, Colombia, Nigeria, Repubblica democratica del Congo e Sudan. E ogni 60 secondi una famiglia viene cacciata dalla propria abitazione e diventa straniera in patria. (http://www.wired.it/attualita/politica/2014/05/21/guerre-profughi-mondo/?utm_source=twitter.com&utm_medium=marketing&utm_campaign=wired)

Simone Cosimi

Quasi 34 milioni di profughi in casa propria. Conflitti e violenze in tutto il mondo hanno prodotto nel 2013 una cifra record di cosiddetti sfollati interni, superiore di 4,5 milioni a quella del 2012. Segno che il quadro peggiora di mese in mese, trainato dal buco nero siriano. Si tratta di intere famiglie cacciate a forza dalle proprie abitazioni e deportate in altre aree dei propri, martoriati Paesi oppure costrette a lasciare città e territori d’origine perché la propria casa è stata distrutta dalle bombe. Un fenomeno meno visibile rispetto a quello dei profughi che riescono a sconfinare e che nella stragrande maggioranza (63%) coinvolge appena cinque aree caldissime del pianeta: Colombia, Repubblica democratica del Congo, Sudan, Nigeria e, appunto Siria. Lì, si è stranieri dove si è nati.

Il rapporto Global Overview 2014, firmato dall’Idmc – Centro di monitoraggio sugli sfollati interni – è stato appena presentato all’Onu di Ginevra insieme all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: “La cifra record di persone costrette a fuggire all’interno del proprio paese conferma una preoccupante tendenza alla crescita di sfollati interni da quando, alla fine degli anni ‘90, l’Idmc ha iniziato la sua attività di monitoraggio e analisi”, ha detto Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati di cui Idmc fa parte. “Il drammatico aumento degli sfollati interni nel 2013 e il fatto che a livello globale le persone vivano in questa condizione per un tempo medio di 17 anni, sono fattori che suggeriscono come il modo in cui rispondiamo e affrontiamo la questione sia profondamente inadeguato”.
Alla fine dello scorso anno alla mostruosa massa di sfollati se ne sono aggiunti altri 8,2, 1,6 milioni in più rispetto all’anno precedente. Il saldo fra chi è in qualche modo uscito da questa condizione e chi vi è precipitato è appunto di 4,5 milioni sul 2012. Il 43% dei nuovi, questo un altro elemento impressionante, riguarda cittadini siriani. “Il rapporto dell’Idmc rivela spaventose condizioni di vita all’interno della Siria, a oggi teatro della più estesa crisi di sfollati interni a livello globale – ha aggiunto Egeland alludendo al totale di 6,5 milioni di persone che vivono questa condizione – non solo i gruppi armati controllano le zone in cui si trovano i campi degli sfollati interni ma le stesse strutture dei campi sono mal gestite, forniscono accoglienza e servizi igienico-sanitari inadeguati e aiuti limitati”. Senza contare bombardamenti e attacchi di altro tipo. A livello assoluto seguono la Colombia con 5,7 milioni e la Nigeria, quest’anno inclusa per la prima volta, con 3,3 milioni di persone coinvolte.

Questo genere di deportazione interna mangia vite a ritmi spaventosi: 9.500 sfollati al giorno, una famiglia al minuto. Sono proprio Siria, Repubblica Centrafricana e Repubblica democratica del Congo i Paesi più toccati del 2013: il 67% degli 8,2 milioni di nuovi sfollati appartiene infatti a quelle nazioni. “Il fatto che questi tre paesi si posizionino in cima alla lista mostra una realtà allarmante – ha spiegato Alfredo Zamudio, direttore dell’Idmc – le cifre non comprendono solo chi fugge da crisi relativamente nuove, come accade in Siria e in Repubblica Centrafricana, ma riflettono altresì le terribili situazioni che tuttora vivono moltissimi innocenti rimasti intrappolati in un conflitto che non sembra aver fine. È il caso, ad esempio, della Repubblica Democratica del Congo, dove le ostilità si protraggono dalla metà degli anni ‘90”.
La crisi degli sfollati a casa propria non è tuttavia limitata a questi contesti. Tocca infatti decine di Paesi del mondo con numeri pesantissimi: oltre due milioni in Iraq, oltre un milione in Somalia, 747mila in Pakistan, 543mila in Azerbaijan, 242mila in Guatemala, 631mila in Afghanistan, 526mila in India, 146mila in Palestina. Neanche l’area europea, intesa a parte Cipro secondo confini allargati, né è esente: quasi un milione in Turchia, 212mila a Cipro, 17mila in Kosovo, 97mila in Serbia, 103mila in Bosnia-Herzegovina. Negli ultimi dieci anni il movimento si è mantenuto sostanzialmente stabile sopra soglia 12 milioni nell’Africa Subsahariana mentre ha registrato un picco del 355% per Medio Oriente e Nord-Africa.

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