Il
Consiglio Nazionale Economia e Lavoro ha pubblicato il
Rapporto sul welfare 2012-2013. Dalle oltre 200 pagine di riflessioni e dati estraiamo alcuni numeri. (
http://www.uneba.org/cnel-rapporto-sul-welfare/)
I costi totali dell’assistenza costituiscono l’8,6% dei costi totali del welfare (38,8 su 442,6 miliardi di euro, anno 2010), suddivisi tra prestazioni in denaro (63,1%) e prestazioni sociali (35,2%). La spesa totale è coperta per l’85,3% da fondi pubblici. L’Italia è all’ultimo posto in Europa per il sostegno alle famiglie e per la lotta alla povertà assoluta mentre è al 23° posto come sostegno ai disabili/non autosufficienti.
L’Italia ha un basso livello di spesa sociale complessiva, rispetto al resto d’Europa, ma è in proporzione assai alta la spesa per la vecchiaia, a scapito delle misure assistenziali.
FA fronte di una spesa sociale/capite nazionale pari a 131,5 euro/pro capite (2008), nel Nord si spendono 151,5 euro e nel Sud 92,8 euro.
La spesa per interventi e servizi sociali dei Comuni (singoli o associati) è così articolata:
- famiglie e minori, 40,6% , di cui la metà per accoglienza in strutture
- disabili, 21%
- anziani, 21%
- povertà-senza dimora, 7,6%
- multiutenza, 6,3%
- nomadi, 2,7%
- dipendenze, 0,7%.
“In sintesi, la spesa sociale italiana ha sempre privilegiato 3 funzioni: vecchiaia, malattia e superstiti, trascurando le altre (invalidità, famiglia, disoccupazione, esclusione sociale, casa), andando cioé in controtendenza rispetto alla UE27 ed alla UE15, dove si è privilegiata la tutela anche della precarietà lavorativa e familiare.
Secondo l’Istat nel 2010, il peso della spesa delle prestazioni sociali rispetto al PIL è cresciuto del 3,6% in sei anni (2004-2010), soprattutto per i costi di due funzioni: vecchiaia e sanità (+1,6 e +1,1%, rispettivamente).