Le radici e i serbatoi della fuga verso l'Europa. Alla fine del 2013 erano più di 33 milioni i profughi interni a causa di conflitti e violenze, cioè ben 4,5 milioni in più che nel 2012. A dirlo è un rapporto dell’Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc) del Norwegian Refugee Council, un’Ong umanitaria indipendente, che lo ha presentato insieme all’United Nations High Commissioner for Refugees (Unhcr).

di Umberto Mazzantini

Se qualcuno volesse trovare le radici, i serbatoi dell’emigrazione e della disperazione che affoga a centinaia i disperati, le donne e i bambini al largo delle nostre coste, farebbe bene a leggere il “Global Overview 2014: People internally displaced by conflict and violence”, dove si ricorda che «il 63% dei profughi interni della popolazione nel mondo riguardano unicamente cinque Paesi: la Siria, la Colombia, la Nigeria, la Repubblica democratica del Congo (Rdc) ed il Sudan». Ma le onde dei profughi che sbattono sulle nostre coste hanno origine in altri Paesi che la mappa dei profughi interni ci mostra impietosamente: Eritrea, Somalia, Etiopia, Libia e tutta la fascia saheliana e il cuore di tenebra del bacino del Congo.

Il rapporto comprende per la prima volta i dati della Nigeria, con 3,3 milioni di persone profughe nel loro stesso Paese per conflitti etnici e per la follia integralista di Boko Haram che rapisce le ragazze e fa esplodere le Chiese.

Il segretario generale dell’Nrc, Jan Egeland, ha sottolineato che «questo numero record di persone sradicate all’interno del loro Paese conferma una tendenza inquietante al rialzo per lo sfollamento interno di popolazioni dai primi studi condotti dall’Idmc si profughi interni alla fine degli anni ’90. Con l’aumento spettacolare dello spostamento forzato nel 2013 e la lunghezza terrificante del periodo di esilio che è in media di 17 anni, tutto indica che la risposta e la gestione di questo problema sono inadatte».

L’alto commissario Onu per i rifugiati, António Guterres, ha aggiunto: «Dovremmo essere tutti preoccupati per queste cifre e per questa tendenza al rialzo. Abbiamo la comune responsabilità di agire per mettere fine a queste enormi sofferenze. E’ essenziale portare immediatamente protezione ed assistenza ai profughi interni»

Alla fine del 2013, altri 8,2 milioni di persone erano stati costretti ad abbandonare e loro case, il 43% sono profughi interni siriani, e Egeland evidenzia che «il rapporto Idmc fa il punto sulla drammatica realtà della vita all’interno della Siria, dove si trova ormai la più importante popolazione di profughi inermi del mondo. Non solo dei gruppi armati controllano le zone dove si trovano dei campi che accolgono i profughi interni, ma questi campi sono anche mal gestiti. Le condizioni abitative, gli impianti igienici e le forniture di aiuti sono insufficienti».

Inoltre il rapporto sottolinea che le grandi popolazioni di sfollati interni sono particolarmente prese di mira da bombardamenti di artiglieria ed attacchi aerei, come dimostrano i casi del Sud Sudan e della Rdc e quanto sta succedendo nella Repubblica Centrafricana .

Il ritmo della crescita degli sfollati interni è spaventoso: 9.500 persone al giorno, circa una famiglia al minute, solo in Siria, seguita per numero di profughi interni nel 2013 da Rdc e Repubblica centrafricana. Questi tre Paesi insieme totalizzano il 67% degli 8,2 milioni di nuovi profughi interni.

Il direttore dell’Idmc, Alfredo Zamudio, ha evidenziato come «il fatto che questi tre paesi appaiano in cima alla lista Idmc rivela una realtà allarmante. Rappresentano non solo coloro che fuggono da relativamente nuove crisi, come in Siria e nella Repubblica Centrafricana, ma riflettono anche situazioni orrende che vengono ancora affrontate da persone innocenti bloccate in mezzo ad un conflitto prolungato, come nella Repubblica Democratica del Congo, che ha subito persistenti disordini risalenti a metà degli anni ’90».

Egeland conclude: «Queste tendenze non fanno ben sperare per il futuro. Dobbiamo fermarci, ascoltare ed agire in più stretta collaborazione per porre fine a questa miseria per milioni di persone, gli operatori umanitari da soli non possono evitare che questo accada. I profughi interni sono un problema globale per tutti, dai politici alle imprese private, agli operatori sviluppo ai legislatori, tutti abbiamo un ruolo da svolgere».

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