Donne. Mentre aspettiamo di sapere la sorte di 223 studentesse nigeriane rapite dai terribili estremisti islamici di Boko Haram perché “l’educazione occidentale deve cessare”, è uscito, a firma Plan Italia, un dossier che mette insieme i dati sull’istruzione femminile nel mondo. Sono 65 milioni le bambine che non vanno a scuola, spesso perché costrette a sposarsi in tenera età. Ogni giorno nei Paesi in via di sviluppo 39mila minorenni si sposano, una su nove ha meno di 15 anni. Si calcola infatti che entro il 2020 saranno 140 milioni le bambine costrette a matrimoni prematuri, matrimoni che mettono a serio rischio la loro vita. (
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di Monica Ricci Sargentini
A rimanere analfabete sono soprattutto le bambine povere che vivono nelle aree rurali e che appartengono a un gruppo etnico discriminato o escluso. Tra le cause dell’abbandono: l’incapacità della famiglia di capire l’importanza dell’istruzione, la paura di un’aggressione nel tragitto verso la scuola, il timore di subire violenza a scuola e il matrimonio prematuro.
Ecco alcune storie raccolte dall’organizzazione internazionale che opera in 69 Paesi al mondo, di cui 50 in via di sviluppo, e si occupa di bambini, anzi soprattutto di bambine. E’ loro la campagna
Because I am a girl.
Senegal, a scuola per uscire dalla povertà
Alima (nella foto grande), 7 anni, senegalese, è fortunata perché i suoi genitori possono mandarla a scuola. Il suo sogno è diventare insegnante. A casa Alima si dà molto da fare, aiuta la mamma a cucinare e ad accudire il piccolo quando non è impegnata con gli studi. Ma nonostante l’amore per i libri c’è qualcosa che spaventa la piccola: le violenze che spesso subiscono le ragazzine che vanno a scuola da parte dei propri insegnanti ma anche il percorso per raggiungere l’istituto, ricco di ostacoli e pericoli. “Ho paura di essere sola per le strade”, dice. Il maltrattamento delle bambine – a scuola o durante il tragitto per raggiungerla – è un altro motivo per cui molte ragazze abbandonano gli studi. La violenza sessuale non è rara in Senegal e alcune scuole utilizzano ancora oggi le punizioni corporali.
Sierra Leone, Ya Marie Jah denuncia il suo insegnante davanti alle Nazioni Unite
Ya Marie Jah è una ragazza della Sierra Leone che è stata vittima di violenze da parte del proprio insegnante per un semplice ritardo. Tutte le mattine, prima di recarsi a scuola la bambina era solita aiutare la mamma a prendere l’acqua dal pozzo, attività che un giorno l’ha portata ad arrivare a lezione in ritardo.
“Il mio insegnante per punizione mi ha costretta a camminare sulle ginocchia dal cancello dell’edificio alla mia classe. Avevo le ginocchia coperte di sangue, le calze sporche di terra e sangue ed ero dolorante”.
Ya Marie Jah racconta quanto accaduto alla madre supplicandola di non mandarla più a scuola, ma la donna cerca di tranquillizzarla e di farle capire l’importanza di continuare a studiare. La bambina l’ascolta e torna in classe, coltivando però una profonda paura nei confronti del suo professore. Il coraggio di testimoniare è il risultato di un percorso intrapreso da Ya Marie Jah con un membro di Plan che lavora nel suo villaggio, volto ad accrescerne l’autostima e la forza interiore. E così nel 2011 la bambina ha raccontato l’abuso subito davanti alla Commissione delle Nazioni Unite sulla Condizione delle Donne.
Geeta la ragazza kalamari
Geeta è una bambina che vive in Nepal, paese noto per il fenomeno di schiavismo legale chiamato sistema Kamalari, largamente diffuso tra la popolazione. Una bambina o ragazza Kamalari è una domestica che presta servizio in una casa di benestanti dopo essere stata ceduta dalla sua famiglia sulla base di un contratto orale. La sua condizione è, di fatto, quella di una schiava. Il fenomeno non riguarda solo il Nepal, ma è diffuso in molti altri paesi. Per sette anni Geeta è stata privata del diritto di vivere come una bambina della sua età, al riparo da abusi e violenze, e costretta ad adattarsi alla condizione di ragazza Kamalari a causa della povertà estrema in cui si trova la sua famiglia, di etnia Tharu. Il progetto di Plan per l’abolizione del sistema Kamalari ha contribuito a far prendere al Governo nepalese la decisione di porre fine a questa forma di sfruttamento infantile con una legge del 19 luglio 2013. Il lavoro portato avanti dalla Onlus insieme a Geeta e ad altre ragazzine come lei, l’ha aiutata a lasciarsi alle spalle la triste vicenda che l’ha coinvolta in prima persona e ha dato nuova linfa ai suoi sogni per un futuro dignitoso.