Indagine Osservatorio Socialis - Istituto Ixé. Nelle regioni del Nord Ovest le percentuali più significative di riconoscimento dell’importanza del volontariato nella propria area di residenza. Sociale e Sanitario i settori in cui i volontari sono ritenuti più necessari.

Roma. La lunga crisi economica non ha annientato il senso civico degli italiani ed ha invece rafforzato la centralità delle reti di volontariato del nostro Paese. A dirlo è un’indagine dell’Osservatorio Socialis, cantiere di promozione culturale nato nell'ambito delle attività di Errepi Comunicazione, e l’Istituto IXE’, istituto di indagini demoscopiche fondato da Roberto Weber. Dall’inizio di quest’anno, l’Osservatorio Socialis e IXE’ hanno avviato un monitoraggio permanente sul rapporto tra etica e scelte degli individui e delle imprese. In questo report, attraverso interviste svolte su tutto il territorio nazionale, sono stati trattati simultaneamente due temi: la crisi e i valori degli italiani; gli italiani e il volontariato.


LA CRISI E I VALORI DEGLI ITALIANI: CONSAPEVOLEZZA DELLA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO INDIVIDUALE

La crisi sta educando gli italiani a cambiare i propri atteggiamenti personali e ad adeguarsi a condizioni diverse. Manca ancora un pieno ottimismo su un cambiamento rapido della mentalità comune, ovvero sulla diffusione di un senso civico ancora più forte, nonché su un consolidamento più marcato dei valori fondamentali rispetto al “superfluo”.

Secondo il 34% degli intervistati, la crisi che stiamo attraversando ci costringe a prendere decisioni troppo a lungo rimandate. E’ il 17% a pensare che la crisi sia un’opportunità per cambiare il nostro senso civico, mentre il 16% dichiara invece che ci stia realmente aiutando a capire cosa conta davvero.

Completamente pessimista il 27%, che dichiara invece che alla fine della crisi tutto tornerà come prima.

Discreti segnali di cambiamento e di ripresa dell’ottimismo nella società italiana, che sembrano confermati nella seconda domanda della stessa indagine, relativa alla responsabilità individuale. Sessantotto intervistati su cento credono che i comportamenti personali possano migliorare la condizione collettiva. Il 45% degli intervistati dichiara infatti che comportamenti personali e scelte, per quanto piccoli, possono cambiare il mondo “ma dovrebbero farlo tutti”. Il 23% è ottimista in senso assoluto, e alla domanda risponde sì, senza postille: il cambiamento è nelle mani degli individui e delle loro azioni. Il 13% risponde “sì in teoria ma non ci credo”.

Pessimista in senso assoluto, meno di un italiano su cinque: è infatti solo il 19% a rispondere semplicemente no, tuttavia il dato rilevante in questo segmento risiede nel fatto che è composto in maggioranza da donne, che dunque si sentono maggiormente impotenti.

La gran parte del campione riconosce quindi l’attuale potenzialità di cambiamento nei cittadini italiani, ma molti ne vincolano la possibilità con il dubbio o la necessità che il cambiamento sia condiviso univocamente da tutti.


IL VOLONTARIATO: NON SOLTANTO GIUSTO, MA NECESSARIO AL WELFARE

L’atteggiamento degli italiani verso il volontariato sembra in qualche modo confermare i segnali di cambiamento evidenziati nella prima parte dell’indagine. E il valore etico in senso proprio del tempo messo gratuitamente a disposizione del prossimo viene strettamente correlato alla necessità di sopperire a vuoti lasciati dallo Stato.

Oltre ad una motivazione di ordine morale, emerge infatti con chiarezza il riconoscimento della necessità e utilità del volontariato, sottolineata da un presente in cui il welfare tende ad indebolirsi progressivamente.

Sollecitato a dare più risposte, il 51% del campione dichiara che chi svolge attività di volontariato lo fa perché lo ritiene utile per gli altri; il 43% “perché lo fa star bene con sé stesso”; il 16% risponde direttamente perché è necessario, visto che lo Stato non provvede a tutte le necessità.

Quest’ultima tendenza è poi pienamente confermata dal giudizio sulla necessità dell’operato dei volontari nella propria area di residenza: l’’83% dei cittadini maggiorenni ritiene necessaria l’azione dei volontari nel proprio territorio di residenza (38% “molto”, 43% “abbastanza”); la segnalazione percentualmente più significativa giunge dalle regioni del Nord Ovest. I campi in cui il volontariato è ritenuto più necessario sono quello sociale (48%) e sanitario (47%): due mission primarie del Welfare statale.

Una curiosità: gli uomini referenziano in misura superiore l’ambito sanitario, ma anche quello della protezione civile e dello sport, mentre sottostimano, rispetto alle donne, i servizi sociali.

“Ci sono due elementi che mi sembrano rilevanti, e soprattutto incoraggianti”, dichiara Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis di Errepi Comunicazione. “Il primo è che la crisi non sembra aver affatto intaccato la propensione al cambiamento. Quella volontà di progredire che, seppur a fasi alterne, dagli anni sessanta ad oggi ha comunque caratterizzato in modo significativo la storia della società italiana. Il 45% degli intervistati dichiara che i comportamenti personali, se condivisi collettivamente, possono cambiare il mondo; il 23%, quasi un italiano su quattro, ritiene che queste scelte personali abbiano valore a prescindere dal fatto che siano condivise o meno. Un Paese in cui il 68% dei cittadini ritiene che le azioni individuali possano efficacemente contribuire al bene comune, manifesta la presenza di un buon margine di miglioramento del senso civico, della mentalità diffusa, dell’agire sociale. Il secondo elemento interessante riguarda invece l’indagine sul volontariato: il riconoscimento della centralità dei volontari nel proprio welfare di prossimità è un segno inequivocabile del radicamento delle reti civiche no profit, nonché della centralità che viene loro riconosciuta dai cittadini stessi”.

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