Repubblica Centrafricana. Scontri tra le forze armate internazionali e i gruppi armati locali a Boguila. Il capo missione italiano: “Popolazione in fuga, donne e bambini nel nostro compound”.
Bangui/Roma. Circa 7.000 persone sono fuggite nella boscaglia dopo gli scontri scoppiati a Boguila nei giorni scorsi. Le persone rimaste hanno trascorso la notte all’ospedale dove lavora Medici Senza Frontiere (MSF).
Gli scontri, avvenuti nella notte di venerdì 11 aprile, hanno contrapposto le forze armate internazionali e i gruppi armati locali dopo che un convoglio accompagnato dalla MISCA (Missione di peacekeeping dell’Unione Africana in Repubblica Centrafricana) è passato attraverso la città di Boguila, nella zona settentrionale della Repubblica Centrafricana. L’équipe di MSF che lavora all’ospedale di Boguila ha sentito una forte esplosione e fitta serie di spari e poi ha visto le persone fuggire dalla città.
“Abbiamo visto gran parte della popolazione fuggire nella boscaglia presa dal panico e abbiamo aperto il nostro compound a circa 30-40 donne e bambini che hanno passato la notte con noi” testimonia Stefano Argenziano, Capo Missione MSF in Repubblica Centrafricana.
Le forze internazionali stavano scortando un convoglio di circa 20 camion, per evacuare gli ultimi 540 musulmani da Bossangoa, nel Nord della Repubblica Centrafricana, a Gore, a Sud del Ciad. Le équipe di MSF hanno ricevuto tre feriti negli ospedali di Boguila e Paoua a seguito degli scontri scoppiati venerdì e proseguiti sabato 12 aprile.
“Siamo preoccupati che il conflitto a fuoco possa aver provocato molti feriti” aggiunge Argenziano. “Per il momento nessuno può avvicinarsi a quella zona per evacuare eventuali feriti”.
La città di Boguila è instabile dal colpo di stato di marzo 2013 e ha visto tensioni e violenza in aumento. Ad agosto 2013, un picco di violenza aveva già provocato uno sfollamento di massa nella zona. A dicembre 2013, i musulmani fuggiti dalle violenze a Nana Bakassa hanno cercato rifugio presso le famiglie di Boguila, prima di spostarsi ulteriormente verso nord.
“I ricorrenti scontri tra i gruppi armati costringono continuamente le persone a fuggire nella boscaglia, esacerbando la loro vulnerabilità e riducendo il loro accesso alle cure mediche. Con la stagione delle piogge che avanza, gli sfollati saranno particolarmente esposti alla malaria, che rimane la prima causa di mortalità nel paese” dichiara Argenziano.
Dal 2006, MSF gestisce un ospedale di 115 posti letto a Boguila, fornendo assistenza sanitaria di base e secondaria a una popolazione di circa 45.000 abitanti nella regione. Le équipe di MSF supportano anche 10 postazioni sanitarie nei dintorni di Boguila, fornendo assistenza medica di base, curando la malaria e trasferendo i casi gravi all’ospedale. Ogni mese, vengono effettuate tra le 9.000 e le 13.000 visite e tra le 5.000 e 10.000 persone vengono curate per la malaria.
MSF lavora nella Repubblica Centrafricana dal 1997 e oggi conta più di 300 operatori internazionali e 2.000 operatori locali in azione nel paese. MSF gestisce sette progetti regolari a Batangafo, Carnot, Kabo, Ndéle, Paoua, Bria e Zémio, e otto progetti di emergenza a Bangui, Berbérati, Bouar, Boguila, Bossangoa, Bangassou e Bocaranga oltre a cliniche mobili nel nord ovest del paese. Altre équipe di MSF stanno assistendo i rifugiati dal CAR in Camerun, Ciad, Repubblica Democratica del Congo e Congo-Brazzaville.
MULTIMEDIA:
VIDEO- Tratto dal TG di MSF "Un mese in azione - aprile": REPUBBLICA CENTRAFRICANA: UN ANNO DI VIOLENZE
Il 24 marzo 2013 le forze della coalizione ribelle Seleka hanno preso il potere a Bangui. Un anno dopo, un rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF) ripercorre l’escalation di violenza: gli abusi commessi dai ribelli Seleka durante le loro offensive e la presa di potere del 2013, l’attacco a Bangui da parte delle forze Anti-Balaka a dicembre, le atrocità commesse contro i musulmani associati agli ex ribelli Seleka e il loro esodo verso i paesi vicini. Il caos, ulteriormente aggravato dal banditismo, adesso colpisce tutti, a Bangui e in tutto il paese.
A Carnot, la grave emergenza umanitaria preesistente è aggravata dal conflitto, con conseguenze disastrose per la popolazione. "Abbiamo visto pazienti – incluse donne e bambini – con lesioni che testimoniano un’insostenibile e opprimente sete di uccisioni. Io stessa, come le équipe sul campo, sono rimasta scioccata" ha detto Marie Noëlle Rodrigue, direttore delle operazioni MSF. Al momento niente suggerisce un miglioramento della situazione.