Il consumo consapevole è necessario, ma per modificare il sistema bisogna partire a monte. L’economia circolare, secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation «è un termine generico per un’economia industriale che è a scopo riparatorio e nella quale i flussi di materiali sono di due tipi: i materiali biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e i materiali tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera».

di Umberto Mazzantini 

La Ellen MacArthur Foundation, un ente benefico che ha incentrato la sua attività proprio attorno all’economia circolare, si pone tre obiettivi principali: Proporre un quadro coerente per un cambiamento radicale: il concetto dell’economia circolare; Incitare le giovani generazioni a formarsi nella prospettiva della costruzione di un futuro resiliente o sostenibile; Impegnarsi con delle industrie per dimostrare l’ampiezza delle possibilità s di rimettere in causa l’immobilismo.

«Coscienti che l’era delle energie fossili e delle materie prime abbondanti è dietro di noi e che questo fenomeno va di pari passo con l’aumento della popolazione mondiale, che ad esso si accompagnano incertezze legate all’approvvigionamento idrico e di cibo, alle emissioni dei rifiuti tossici – dicono alla Ellen MacArthur Foundation – siamo convinti che sia diventato urgente ripensare il nostro modello di produzione e consumo, e che un semplice rimaneggiamento non sarà sufficiente. Tuttavia, la nostra speranza si basa sulla messa in opera di un nuovo modello in grado di migliorare la qualità della vita, di aumentare le opportunità e, potenzialmente, di ripristinare il capitale sociale e naturale»..

Non è roba per i semplificatori che ci hanno portato all’attuale crisi economica/ecologica/sociale: la Fondazione insiste molto sulla “analisi sistemica”, la comprensione di un fenomeno attraverso un approccio globale e spiega che «comprendere le cose in maniera sistemica implica ragionare in rapporto all’obiettivo finale e guardare ai legami o agli scambi tra le diverse parti del sistema. Apportiamo un quadro coerente alla nostra riflessione ispirandoci ai sistemi viventi e adattandoli ai flussi di energia e dei materiali all’interno dell’economia, nella prospettiva di uno sviluppo resiliente e sostenibile».

In un’intervista pubblicata con grande rilievo in questi giorni sul sito dal ministero dell’Ecologia francese, la presidente della fondazione che porta il suo nome, la navigatrice Ellen MacArthur, spiega che «quando si dice consumo sostenibile, si pensa immediatamente alla provenienza dei prodotti, alla riduzione dei rifiuti… ma quel che proponiamo alla Ellen MacArthur Foundation è di pensare di più a monte. Mi spiego: consideriamo che sia preferibile di progettare all’inizio un sistema più virtuoso che, giustamente, non accolli al consumatore la responsabilità della “buona scelta”. Ogni persona deve poter acquistare con fiducia, senza dover fare la cernita tra i diversi prodotti proposta, senza dover decifrare un’etichettatura sempre più complicata. Secondo noi, sta al produttore iniziare dei cicli virtuosi».

Certo la MacArthur non pensa che il consumatore non debba svolgere nessun ruolo in questa rivoluzione dell’uso delle risorse: «Nella fase di transizione verso un modello di economia circolare, più positivo e costruttivo, rimane utile ricordare qualche principio di buon senso: acquistare prodotti stagionali, locali, porsi la questione del consumo energetico di un elettrodomestico, del ciclo di vita del prodotto… la cernita e la raccolta differenziata sono elementi evidentemente molto importanti, ma oggi, quando il consumatore compra un prodotto riciclabile chi può garantirgli che sarà effettivamente riciclato? Si tratta di considerare il sistema nel suo insieme, non solo i prodotti in maniera isolata. Dal nostro punto di vista è paradossale invitare a “buttare meglio”: il nostro postulato di partenza è che tutto deve essere riutilizzato, in una maniera o nell’altra».

Per promuovere il concetto di economia circolare la Ellen MacArthur Foundation lavora soprattutto con le imprese, e con le scuole e università. «Portiamo la prova con l’esempio e le idee, che non mancano – dice la MacArthur – Penso soprattutto a quell’impresa americana che ha rimpiazzato con successo il polistirolo con un materiale realizzato a partire da sottoprodotti agricoli e funghi. In un altro settore, quello dell’automobile, vediamo l’aumento di pezzi ri-lavorati: offrono le stesse garanzie di quelli nuovi ma permettono di economizzare fino all’80% di energia, l’88% di acqua ed il 92% di prodotti chimici. Anche se, in questo caso, il consumatore può ancora mostrarsi reticente per semplici ragioni di percezione, è una buona maniera per accendere la pompa del buon utilizzo dei materiali».

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