Sono passati 20 anni dal genocidio in Rwanda. Unimondo dedica tutta questa settimana a un approfondimento sui genocidi. Il nostro Fabio Pipinato, che era lì, in Rwanda, proprio in quei terribili giorni, ci offrirà un racconto in prima persona. Ci farà capire che nulla è avvenuto a caso, che il genocidio ha certamente radici storiche lontane, ma che è pure stato organizzato nei mesi precedenti a quella terribile primavera. Non si è d'accordo neppure sulla data di inizio dei massacri. Ma questo ha poca importanza. Fare memoria significa ricercare le colpe, portare gli sterminatori in tribunale (magari internazionale), ma prima di tutto significa ascoltare i testimoni. (http://fondazionefontana.org/index.php?option=com_content&view=article&id=261&Itemid=378#informazione)

Quella del genocidio in Rwanda è una carneficina preparata a tavolino. Così scrive Daniele Scaglione, un giornalista che ha ricostruito passo dopo passo quella tragica primavera del 1994: "nulla di quanto accadde fu improvvisato, ma avvenne secondo un piano accurato e moderno che includeva l'uso di mezzi di propaganda come la radio, l'acquisto e la distribuzione di un quantitativo di armi spaventoso e una sofisticata organizzazione che consentì di massacrare decine di migliaia di persone al giorno per cento giorni di fila. Che la tragedia stava per accadere era noto: lo sapevano i dirigenti dell'Onu e i governi più potenti del mondo". Nessuno ascoltò i disperati appelli che nei mesi precedenti il responsabile del contingente Onu nel Paese, generale Dallaire, aveva rivolto al suo superiore Kofi Annan o alla rappresentante Usa in Consiglio di sicurezza Madaleine Albright: dopo il genocidio ambedue furono "promossi".

Insomma, parlando del genocidio in Rwanda possiamo riflettere sulle organizzazioni internazionali, sulle "potenze" che si addormentano davanti a quello che succede in Africa o in altre zone di poca importanza geopolitica. Possiamo riflettere sugli strumenti giuridici che ci diamo per prevenire ulteriori tragedie. Infine possiamo riflettere su quel disperato amore per l'odio e per la guerra che purtroppo abbiamo tutti dentro.

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