“Il business del futuro sarà quello dell’acqua. Se la popolazione passerà da 7 a 9 miliardi ci sarà sempre più bisogno di acqua. Più avremo bisogno di cibo e di energia, più avremmo bisogno di acqua”. In vista del 22 marzo “Giornata mondiale dell’acqua”, abbiamo incontrato Rosario Lembo, Presidente del “Comitato italiano Contratto Mondiale dell’Acqua”, che ci ha parlato del bene comune per eccellenza e delle iniziative sull’acqua in programma in Italia e non solo: il 21 marzo a Udine, il 22 a Milano e il 25 a Bruxelles (tutti gli eventi). (http://www.cospe.org/news/lacqua-non-e-una-merce-intervista-a-rosario-lembo/)

Che tipo di iniziative sono in programma?

Stiamo organizzando tre eventi per rilanciare il tema del diritto all’acqua e la sua concretizzazione. Perché ancora oggi, sia a livello mondiale, a quattro anni di distanza dal riconoscimento dell’Onu dell’acqua come diritto umano, che in Italia, dopo diversi anni dal referendum, quello che manca è proprio una concretizzazione di questo diritto.

Che ruolo può avere le cooperazione internazionale nella gestione dell’acqua?

L’approccio delle Ong finora si è concentrato su uno degli obiettivi del millennio: diminuire il numero di persone, un miliardo e mezzo, che non hanno acceso all’acqua. Molte iniziative sono andate nella direzione del costruire infrastrutture, come pozzi, reti di conduzione ed impianti. Spesso purtroppo questi progetti si sono scontrati con aspetti di tipo gestionale. Perché l’acqua è un diritto ma per accedervi le popolazioni devono pagarla. Versando un tributo alle imprese, nella maggior parte dei casi private, che gestiscono l’acqua e che seguono logiche di mercato che poco si conciliano con gli obiettivi della cooperazione. Che dovrebbero essere non solo mettere a disposizione know how e tecnologie ma anche modelli di gestione con cui ciascuno possa essere artefice del proprio sviluppo.

Come si declina invece dal punto di vista politico/legislativo?

L’Europa sta definendo una nuova agenda politica sull’ambiente. L’acqua sarà centrale nel futuro. Dobbiamo solo decidere se questa risorsa deve essere messa a disposizione della finanza e della speculazione o se la vogliamo preservare per l’interesse personale e collettivo della comunità. 27 milioni di italiani hanno detto che l’acqua non è una merce, ma non abbiamo una costituzione che garantisca questo diritto al pari di quello all’istruzione o alla salute.

Acqua come bene ma anche come conflitto. Parliamo di water grabbing ma non solo.

Andremo anche a Bruxelles per sensibilizzare su questo tema, perché le minacce vengono proprio dall’Europa. Le multinazionali che lavorano in Europa hanno forti interessi a gestire l’acqua nel sud del mondo. E l’acqua per la produzione del cibo che arriva sulle nostre tavole è acqua che viene sottratta alle popolazioni locali. In Africa chi compra le terre è interessato a quello che sotto la terra c’è, che sia acqua o altro.

Anche nel conflitto israelo palestinese la gestione dell’acqua, non a caso, è affidata all’esercito e non al ministero dell’ambiente.

Vogliamo l’acqua come strumento di pacifica convivenza, come bene accessibile a tutti. L’idea è di salvaguardare un bene come l’acqua. Perché quando non ci sarà più acqua non sarà più garantita la sopravvivenza delle future generazioni e potremo decretare la morte del pianeta terra.

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