Siamo in Repubblica Centrafricana perché è in corso una drammatica crisi umanitaria che coinvolge oltre 2,5 milioni di persone. (http://intersos.org/notizie/news/centinaia-di-migliaia-di-persone-vivono-nel-terrore-sradicate-dalle-loro-case-distrutte?utm_source=Intersos&utm_campaign=3535aefabd-&utm_medium=email&utm_term=0_ecb2d4227b-3535aefabd-289074233&ct=t%28%29)

Il nostro staff d’emergenza si trova a Bangui, dove ha avviato le attività di assistenza sanitaria alla popolazione sfollata. Con due cliniche mobili, il personale di INTERSOS sta garantendo cure e assistenza mediche in diversi campi sfollati.Nella sola Bangui sono oltre 288.000 gli sfollati: fino ad ora, non hanno avuto accesso ad alcun tipo di servizio sanitario, perché gli ospedali sono chiusi, il personale è fuggito e mancano i medicinali.

Marco Rotelli, Segretario Generale di INTERSOS, è a Bangui e racconta ciò che sta accadendo in Repubblica Centrafricana.

“Sono iniziate oggi le attività delle cliniche mobili di INTERSOS rese possibili dal materiale messo a disposizione dal Ministero degli Affari Esteri, per rispondere alla crisi umanitaria in Repubblica Centro Africana.

Non è facile muoversi in una città teatro di violenze e vendette, dove centinaia di migliaia di persone vivono nel terrore, sradicate dalle loro case distrutte, o rinchiuse in enclaves cercando di lasciare il paese. Nei campi, le famiglie vivono ammassate in ripari di fortuna e quasi tutte si portano dietro l’orrore della violenza. Bambini che hanno perso i loro genitori, ammazzati brutalmente, giovani vedove che cercano disperatamente cibo e cure per i propri figli, anziani stesi a terra, sfiancati dalla confusione, la polvere e la calura. Il cibo scarseggia, i mercati ne espongono pochissimo e a prezzi inaccessibili per la gran maggioranza delle persone.

Le chiese e le moschee sono dormitori, dove le agenzie umanitarie portano gli aiuti, mentre le strade sono presidiate dai militari che ancora non riescono a fermare la caccia all'uomo che immancabile inizia dopo ad ogni tramonto.

Nelle moschee c'è paura, si respira l'assedio, mentre nelle chiese la tensione aumenta; durante le attese per le cure mediche non mancano le liti di madri frustrate per la paura di non poter far visitare e curare i propri figli.

Nonostante le difficili condizioni, le famiglie preferiscono rimanere nei campi temporanei, piuttosto che tornare a casa, il rischio è alto, le violenze non si fermano. E in molti casi queste persone non hanno più una casa a cui fare ritorno, molte abitazioni infatti sono state distrutte.

La situazione peggiora di giorno in giorno nel paese, uno dei più poveri del mondo: non arrivano più merci, le frontiere sono chiuse, la Repubblica Centrafricana non ha sbocchi sul mare per cui i beni di prima necessità arrivano solo grazie alle organizzazioni umanitarie.Lavorare qui impone rigore umanitario, neutralità ed imparzialità. Nel nostro lavoro non facciamo distinzioni, siamo qui per portare aiuto alle migliaia di civili sfollati, per rispondere ai loro bisogni urgenti e per proteggere i più fragili.

Oggi abbiamo dato inizio ad attività semplici, ma fondamentali. Il lavoro da fare in Repubblica Centrafricana è enorme, ma il personale locale che sta lavorando con noi ha immediatamente condiviso entusiasmo e dedizione, impegnandosi duramente e cercando di accontentare tutti, dando priorità a chi ne ha più bisogno.

È dura ma sono certo che anche qui il personale di INTERSOS saprà contribuire, collaborando con le altre organizzazioni, ad alleviare la sofferenza e salvare la vita di molti.”

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