È vietato fumare nella propria abitazione in presenza della colf o della badante? La risposta naturale sarebbe «no», ma un giudice di Torino, Guariniello, ha ritenuto che la legge che vieta il fumo nei locali pubblici o di lavoro sia applicabile in questo caso, perché essendo quella della colf una prestazione lavorativa, la casa va considerata un luogo di lavoro a tutti gli effetti e quindi scatta il divieto. In realtà, ci sembra che questo caso configuri un'interpretazione troppo restrittiva della norma. Sicuramente la nuova legge sta creando situazioni particolari che si prestano alle più varie interpretazioni. Su questo divieto stanno prendendo posizione anche le associazioni dei consumatori, che sottolinea una serie di incongruenze. Ad esempio, c'è qualcosa di comico e al tempo stesso di preoccupante nell'ammonizione fatta agli esercenti dal ministro della Salute di chiamare subito i vigili urbani se qualcuno fuma nei locali ove c'è divieto, oltretutto con l'ulteriore minaccia di multe. È sicuramente preoccupante perché i vigili saranno distolti da compiti ben più importanti come combattere o prevenire la criminalità, multare gli automobilisti che costituiscono un pericolo pubblico, dirigere il traffico, ecc. «È altresì comico - sottolinea l'Unc (Unione nazionale consumatori) perché, se uno fuma in un bar, quando arriveranno i vigili sarà già sparito né l'esercente può trattenerlo col rischio di una denuncia di sequestro di persona. Anche ammesso che il fumatore sia ancora presente, nel frattempo avrà finito di fumare e non può essere multato se non viene colto in flagranza, a meno che l'esercente presenti una denuncia formale e qui la cosa si fa ancora più comica. Infatti, se il trasgressore e andato via il denunciante dovrebbe indicare nella denuncia nome, cognome e indirizzo del fumatore, nonché una descrizione circostanziata del luogo e del fatto, dopo di che il vigile dovrebbe indagare e interrogare il trasgressore ed eventuali testimoni». In alternativa, il vigile potrebbe presentare rapporto al prefetto ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 584/1975. Il prefetto, a sua volta, ha l'obbligo di sentire il trasgressore e il denunciante, se ne fanno richiesta, poi, eventualmente, può emettere un'ingiunzione di pagamento, che può essere impugnata davanti al giudice di pace. La questione è stata risolta dal ministro della Salute con una circolare interpretativa dell'art. 51 della legge 3/2003 che ha stabilito che i gestori di bar, ristoranti, discoteche e altri locali pubblici non devono chiamare subito i vigili urbani se qualcuno fuma nel locale, ma come primo atto devono invitare il trasgressore a spegnere la sigaretta e solo in caso di inottemperanza all'invito devono chiamare i vigili. Negli uffici privati, ha chiarito il ministro, è vietato fumare anche se non c'è accesso di utenti, ma solo lavoratori dipendenti, in quanto sono da considerare «utenti» dei locali degli uffici: allora le colf non sono lavoratori dipendenti, come ritiene Guariniello? Resta inteso che locali pubblici e uffici privati possono attrezzare spazi per i fumatori, purché corrispondano ai requisiti del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2003. Infine la circolare precisa che anche gli agenti di Polizia giudiziaria (cioè anche carabinieri, polizia di Stato e guardia di finanza), oltre ai vigili urbani, possono fare le contravvenzioni ai fumatori e se il fumatore trasgressore, purché individuato, si è allontanato, deve ricevere il verbale entro 90 giorni, altrimenti scatta la prescrizione. Resta comunque inalterata, per ora, la multa per chi non rispetterà il divieto di fumo, ovvero 50 euro (100 euro se in presenza di bambini o donne incinte), ma non è chiaro come un pubblico ufficiale potrà infliggere la multa in un luogo di lavoro, dato che il trasgressore deve essere sempre colto in flagranza. Restano anche inalterate le disposizioni della legge n. 584/1975 sul divieto di fumo in aule scolastiche, sale di ospedali, mezzi pubblici, eccetera, e quelle della direttiva del presidente del Consiglio 14 dicembre 1995 che ha dato facoltà a tutte la amministrazioni pubbliche di imporre il divieto di fumare negli uffici e nei locali dello Stato ove i cittadini accedono «senza formalità e senza bisogno di particolari permessi negli orari stabiliti». Intanto le associazioni dei consumatori riconosciute potranno agire in giudizio contro chi fa la pubblicità delle sigarette. Lo prevede il decreto legislativo n. 300/2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 dicembre scorso ed emanato in attuazione di una Direttiva CE. La propaganda pubblicitaria di qualsiasi prodotto da fumo era già vietata da una legge del 1962, che è stata riconfermata, ma ora la novità è che si potrà fare pubblicità alle sigarette a mezzo stampa soltanto sulle pubblicazioni destinate ai professionisti del commercio del tabacco e in quelle stampate in Paesi non appartenenti alla Comunità europea che non siano principalmente destinate al mercato comunitario. A parere dell'Unc si tratta di una norma inapplicabile e facilmente aggirabile, in quanto è impossibile verificare in un Paese extracomunitario dove vengono spedite le copie di una rivista. Il nuovo decreto legislativo ha anche stabilito che i programmi radiofonici, sui quali è pure vietata la pubblicità del fumo, non possono essere sponsorizzati da soggetti la cui principale attività consista nella fabbricazione o vendita di prodotti del tabacco. felice.desanctis@ gazzettamezzogiorno.it La Gazzetta del Mezzogiorno, 13 gennaio 2005

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