Una famiglia su quattro si trova in una situazione di 'deprivazione': si deve fare di più per frenare l'impoverimento e contrastare la povertà. (
http://www.acli.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=8625:bottalico-dati-istat-confermano-che-l-austerita-frena-la-ripresa&Itemid=674#.Uv3-xoXHV8s)
“Dal Rapporto Istat Noi Italia – afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli - emerge il legame stretto che esiste fra impoverimento dei ceti lavoratori, recessione economica e aumento della pressione fiscale, giunta al 44,1 per cento, di 3,6 punti percentuale superiore a quella della media Ue a 27.
Siamo divenuti il Paese più virtuoso d'Europa nei conti pubblici, ci ricorda l'Istat: questo non fa che suffragare la necessità di una svolta, come chiesto dal presidente Giorgio Napolitano la scorsa settimana a Strasburgo: superare l'austerità in favore dello sviluppo, spezzando quel 'circolo vizioso ormai insorto tra politiche restrittive nel campo della finanza pubblica e arretramento delle economie'.
Poco meno dei due terzi delle famiglie dispone di un reddito inferiore alla media: solo lasciando maggiore capacità di spesa alle famiglie, e riducendo la pressione fiscale sui ceti medi si potranno ridurre le disuguaglianze e ridare vigore alla domanda interna. Una famiglia su quattro, ci dice l'Istat, si trova in una situazione di 'deprivazione': si deve fare di più per frenare l'impoverimento e contrastare la povertà, come da tempo chiedono le Acli insieme ad un ampio cartello di soggetti che hanno dato vita all' Alleanza contro la povertà in Italia.
Uno degli aspetti positivi di questa fotografia dell'Italia scattata dall'Istat, è il ruolo economico che ha assunto il terzo settore, in cui operano 681 mila addetti e oltre 4,7 milioni di volontari, risultando il settore economico più dinamico dell’ultimo decennio.
Risultano assai preoccupanti – conclude Bottalico - i dati sulla disoccupazione crescente, in particolare quella delle fasce giovani, e sulla perdita di quote di mercato delle esportazioni italiane sul commercio mondiale, dal 4 per cento del 2003 al 2,7 del 2012, a riprova del fatto che la via di uscita dalla crisi passa innanzitutto dalla riduzione delle disuguaglianze e dal conseguente aumento dei consumi interni”.