Libertà di espressione. Viene ricordato come il San Valentino di sangue quello del 14 febbraio 2011. A Manama una moltitudine di uomini e donne da giorni è accampata nella rotonda della Perla, la piazza Tahrir del Bahrein. Chiedono le stesse cose reclamate (e, non lo sanno ancora, tradite) della moltitudine egiziana: diritti, giustizia, libertà, uguaglianza. Ma quello che ottengono è ben altro: dolore, sangue, morte, occhi che bruciano a causa dei lacrimogeni, mai usati così tanto contro una popolazione civile da 100 anni a questa parte, torture, il carcere anche per i bambini, i raid notturni nelle case e negli ospedali, la caccia a mezzo stampa ai traditori, gli ergastoli comminati a chi ha osato sfidare, nelle piazze, con la sola arma della parola, il re. (http://lepersoneeladignita.corriere.it/2014/02/14/bahrein-tra-anni-fa-il-san-valentino-di-sangue-si-temono-scontri-con-la-polizia/)

di Monica Ricci Sargentini

A tre anni di distanza non molto è cambiato. “La repressione continua senza sosta e senza ostacoli: le forze di sicurezza ricorrono ripetutamente alla forza eccessiva per sopprimere le proteste contro il governo” – ha dichiarato Said Boumedouha, vicedirettore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. Anche ieri ci sono stati scontri tra la polizia e centinaia di manifestanti sciiti che hanno bloccato le strade di accesso alla capitale con pietre e tronchi di legno. “Non ci piegheremo se non davanti a Dio” gridavano. Immediata la reazione della polizia che ha usato i lacrimogeni per disperdere i manifestanti.

Oggi il collettivo del 14 febbraio ha invitato i cittadini a marciare sulla rotonda della Perla, il luogo simbolo delle proteste del 2011. E Amnesty International ha chiesto il governo di consentire le manifestazioni pacifiche.

“Le proteste previste in occasione del terzo anniversario della rivolta rappresentano un test per le autorità. Se sono davvero intenzionati a proteggere i diritti umani, devono consentire l’esercizio pacifico della libertà d’espressione, di manifestazione e di associazione e rilasciare tutti i prigionieri di coscienza” ha dichiarato Boumedouha.

Nel luglio 2013 il re del Bahrein ha emanato un durissimo decreto che vieta a tempo indeterminato manifestazioni, sit-in e riunioni pubbliche nella capitale Manama. Noti difensori dei diritti umani e attivisti dell’opposizione sono stati imprigionati, in molti casi solo per aver convocatoproteste pacifiche contro il governo.

“Dal 2011, abbiamo assistito a una continua spirale repressiva - spiega Boumedouha -. Lo spazio per la libertà d’espressione e di manifestazione si è rapidamente assottigliato. Le autorità hanno perso credibilità, venendo meno alle reiterate promesse di riforme. Fino a quando non prenderanno misure concrete per dimostrare realmente di voler rispettare gli obblighi internazionali, è improbabile che verranno fatti passi avanti nel campo dei diritti umani”.

Le autorità non hanno attuato neanche le raccomandazioni più importanti fatte dalla Commissione indipendente d’inchiesta del Bahrein nel 2011. Tra i minorenni arrestati nell’ultimo anno figurano Jehad Nabeel al-Samee’ (10 anni) e Abdullah Yousif al-Bahrani (13 anni), fermati dalla polizia antisommossa il 16 dicembre 2013 nel corso di una manifestazione. Sono stati accusati di “riunione illegale e rivolta” e di aver lanciato pietre contro una pattuglia di polizia. Abdullah ha denunciato di essere stato picchiato, minacciato con le scariche elettriche e costretto a firmare una “confessione”. I due minorenni sono stati rilasciati ma restano sotto supervisione degli assistenti sociali fino alla pronuncia del verdetto nei loro confronti.

Molte altre persone sono state prese di mira dalle autorità, compresi giornalisti e attivisti per i diritti umani. Ahmad Fardan, un fotogiornalista che collabora con l’agenzia italiana Nurphoto, è stato arrestato nella sua abitazione a Manama, il 26 dicembre 2013. È stato accusato di “partecipazione a raduno pubblico” per aver cercato di scattare fotografie nel corso di una protesta nel villaggio di Abu Saiba’. Durante la detenzione, è stato preso a schiaffi e picchiato, anche sui genitali. Gli esami medici successivi al so rilascio hanno confermato la frattura di due costole.

La scorsa settimana è stata confermata la condanna a due anni di carcere nei confronti di Nabeel Rajab, un noto difensore dei diritti umani, per i reati di “raduno illegale” e “disturbo alla quiete pubblica” relativi a manifestazioni tenutesi nel febbraio e nel marzo 2012. Un’altra attivista, Zainab al-Khawaja, è stata condannata a quattro mesi di carcere il mese scorso per “distruzione di proprietà governative”, ovvero una fotografia del re da lei fatta a pezzi. È in carcere dal febbraio 2013 per un cumulo di varie condanne.

Amnesty International considera Nabeel Rajab e Zainab al-Khawaja prigionieri di coscienza, presi di mira a causa del loro impegno in favore dei diritti umani e chiede siano rilasciati immediatamente e senza condizioni.

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