Questo editoriale è apparso su diversi quotidiani nazionali in tutto il mondo. A prima vista, il
vertice di Davos di quest’anno sembra iniziare sotto i migliori auspici, con l’annuncio di una ripresa economica più rapida del previsto. Ma, un esame più attento della situazione rivela un divario potenzialmente pericoloso tra profitti e persone. I profitti delle aziende sono in aumento e per le borse mondiali ci si aspetta un altro anno in positivo ma, allo stesso tempo, la disoccupazione e i redditi delle famiglie sono ancora ad un punto morto. (
http://www.ilo.org/rome/risorse-informative/per-la-stampa/articles/WCMS_234738/lang--it/index.htm)
Di Guy Ryder, Direttore Generale ILO
Il
Rapporto sulle tendenze globali dell’occupazione 2014 mostra chiaramente che nella maggior parte dei paesi la fragile ripresa economica non si è tradotta in un miglioramento dei mercati del lavoro.
Le imprese hanno preferito preservare la liquidità o ricomprare le loro azioni piuttosto che investire in capacità produttiva o in creazione di posti di lavoro. In parte, questo è il risultato della continua debolezza della domanda aggregata, sia a livello nazionale che mondiale. Questa situazione è aggravata dall’incertezza circa l’origine di nuove fonti di domanda e dalla perplessità sulle politiche pubbliche, in particolare in materia di riforma del settore finanziario.
Il crescente afflusso di profitti e di liquidità nei mercati finanziari piuttosto che nell’economia reale non solo aumenta il rischio di bolle finanziarie ma compromette anche le prospettive occupazionali di lungo termine.
Nei paesi in via di sviluppo, l’occupazione informale resta estesa, e le prospettive di miglioramento della qualità del lavoro stanno rallentando. Ciò significa che meno persone riusciranno ad uscire dalla povertà da lavoro. A tutto ciò si aggiunge che nella maggioranza dei paesi i lavoratori stanno ricevendo una quota ridotta del reddito nazionale e dei guadagni di produttività, mentre la maggior parte del reddito è consacrata ai profitti, e questo costituisce un problema grave.
Le disuguaglianze si riflettono nei ridotti redditi percepiti dalla maggior parte delle famiglie che, di conseguenza, pesano sulla crescita dei consumi che frenano a loro volta la crescita economica. Questa situazione genera una frustrazione nella popolazione aumentando il rischio di instabilità; l’attuale tensione che si registra in molti paesi è alimentata da un sentimento di ingiustizia. Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, l’ha riconosciuto quando ha recentemente definito la disuguaglianza «la maggiore sfida del nostro tempo».
Rilanciare la domanda di beni e servizi contribuirebbe a dare alle imprese lo slancio necessario per il loro sviluppo e la creazione di posti di lavoro. Questo implica la rinuncia a politiche di consolidamento fiscale aggressive perseguite da molti paesi, significa destinare ai lavoratori una maggiore quota del reddito nazionale, così come affrontare la stagnazione dei salari e l’elevato livello di disoccupazione che hanno pesato sulle spese delle famiglie.
L’aumento dei salari porterebbe ad un aumento dei consumi, in questo modo uno dei fattori chiave della soluzione sarebbe stabilire salari minimi adeguati e l’adozione di politiche tese a rafforzare i vincoli tra produttività e salari. In effetti, il Presidente Obama ha auspicato un aumento del salario minimo e una proposta simile è in discussione in Gran Bretagna, mentre per la prima volta il nuovo governo tedesco ha deciso di stabilire un salario minimo nazionale.
Dobbiamo dare la priorità all’economia produttiva e impegnarci fermamente ad investire nelle persone, nelle competenze e nei posti di lavoro nonché a ridurre le disparità economiche.
Se non agiremo, se non riusciremo ad affrontare la crisi dell’occupazione giovanile, la disoccupazione di lunga durata, lo scoraggiamento e altri gravi problemi legati al mercato del lavoro, distruggeremo le speranze per una crescita sostenibile — e getteremo i semi di una nuova e forse più profonda crisi sociale.