La risposta delle famiglie di Lampedusa alla chiusura del famigerato Centro di accoglienza: partono i primi affidi familiari dei minori stranieri non accompagnati.
L'accoglienza giusta:
- A pochi giorni dalla chiusura del CPSA di Lampedusa, due famiglie isolane hanno accolto in affido due minori
- Con l'anno nuovo, si volta pagina nella accoglienza dei Minori stranieri non accompagnati: non più centri di soccorso, ma accoglienza a misura di bambino
- Le due famiglie lampedusane non sono un’eccezione: a Messina sono stati presi in affido quattro adolescenti
- Da lunedì 13 gennaio parte una campagna SMS di sostegno all’accoglienza giusta
A Lampedusa vincono le famiglie! Sono due i nuclei familiari che hanno già accolto in affido due minori, Abed e Salah*, di 16 e 17 anni, entrambi originari del Senegal, arrivati nei giorni scorsi a Messina.
Notizia tanto più significativa, perché avviene a pochi giorni dalla chiusura del Centro di prima accoglienza e soccorso di Lampedusa, dopo il video shock in cui si mostravano i migranti innaffiati brutalmente con un trattamento antiscabbia.
Al posto di quello che in tanti non hanno esitato a definire un lager, ecco che si aprono le case dei lampedusani. Pronte ad offrire molto più di un posto sicuro, un tetto e un piatto caldo.
Sembra proprio che con l'anno nuovo, si volti pagina nella accoglienza dei Minori stranieri non accompagnati: non più i centri di soccorso - ma un’accoglienza a misura di bambino. Con case vere e soprattutto famiglie che senza ipoteche sono pronte ad amarli come figli.
Ora grazie all'iniziativa di due Comuni, Lampedusa e Messina, per la prima volta in Italia si aprono le famiglie e inizia questa nuova forma di accoglienza per i MISNA: l'affido familiare.
L’incontro tra le famiglie di Lampedusa e i ragazzi è avvenuto tra mille abbracci e sorrisi. Maria Maggiore, universitaria 23enne, ha da oggi un fratello. Chi le sta accanto, racconta di un viso rigato da interminabili lacrime di gioia. Raggiunta al telefono, confida: “Io credevo che non sarebbe mai arrivato”. Sul perché abbia deciso insieme a sua sorella e ai genitori di accogliere un migrante non ha esitazione: “Vivendo a Lampedusa, ne ho conosciuti tanti. Un giorno chiesi a mia madre: - E se fossimo al posto loro? Tu non vorresti che una famiglia ci accogliesse in casa?”. E’ da questa empatia che è nata la loro adesione al progetto di Ai.Bi.
Angelina Ingargiola è invece una mamma di tre figli naturali, una ragazza adottata in Ucraina e un’altra in affido. Fa l’impiegata e con voce rotta dall’emozione racconta: “Questo affido è diverso da quello fatto in Ucraina. Perché in Europa comunque anche negli istituti i ragazzi almeno mangiano. Invece questi ragazzi arrivano da sofferenze inimmaginabili. Non riesco a non pensare al dolore e alle violenze che hanno subìto. Io mi sento una prescelta. Sono convinta che sono loro che danno più a noi che viceversa”.
Le due famiglie lampedusane sono esempi straordinari di solidarietà e altruismo, ma il bello è che non sono un’eccezione. A Messina sono stati presi in affido quattro adolescenti. E in tutta Italia ci sono almeno 1120 famiglie o single che hanno aderito al progetto Bambini in alto mare, lanciato da Amici dei Bambini. Ma a fronte dell’ampia adesione ‘popolare’, questi adolescenti continuano a restare ‘parcheggiati’ nei centri di accoglienza, insieme agli adulti. Condizione peraltro in contrasto con i diritti dei minori.
Se lo Stato aiutasse queste famiglie e le associazioni coinvolte, crescerebbe l’esercito di persone pronte a trasformare il dramma di tanti ragazzi migranti, in modelli di cooperazione internazionale popolare. Ma per riuscire nell’impresa, servirebbe una cabina di regia. Intanto da lunedì 13 gennaio inizierà una campagna di sostegno alla accoglienza giusta, attraverso un sms si potrà donare un aiuto concreto alle mamme e ai bambini giunti in Italia senza una famiglia.
*(nomi di fantasia)