Lo staff sud sudanese del CCM. Il diario di Elisabetta D’Agostino, rappresentante Paese del CCM in Sud Sudan in queste ore nelle zone più colpite.

Quella di partire da Juba per la contea di Awerial è stata una decisione condivisa con tutto lo staff (io, Daniel, Teresa, Concepta[1]). Era evidente la necessità di realizzare al più presto una missione per capire cosa stava succedendo nello Stato dei Laghi, quali erano le esigenze degli sfollati concentratisi sulla sponda del Nilo e cosa potevamo fare per dare il nostro contributo. Non posso negare, eravamo molto in apprensione. Inoltre, nelle due notti precedenti si erano sentiti degli spari in città e giravano voci che alcuni gruppi di ribelli si stessero dirigendo verso Juba.

Ma volevamo assolutamente partire e quindi siamo partiti. Dopo pochi chilometri da Juba abbiamo incontrato i primi convogli della Croce Rossa Internazionale; procedevano nella nostra stessa direzione, la cosa ci ha un po’ tranquillizzati. In effetti la strada tra Juba e Mingkaman (Stato dei Laghi), è risultata molto più frequentata del solito, in entrambe le direzioni: verso Awerial, dove si trova la più alta concentrazione di sfollati dall’inizio del conflitto in Sud Sudan, i convogli delle agenzie umanitarie carichi di cibo e beni di prima necessità; verso Juba camion stracarichi di persone e cose (materassi e taniche di plastica per lo più) alla ricerca, probabilmente, di una sistemazione migliore in città.

Già alle porte di Mingkaman il quadro che ci si para davanti è quasi surreale. Come in un gigantesco ferragosto, ci sono persone accampate sotto ogni albero, stese su materassi o tappetini, intente a cucinare, portare acqua, dormire, lavarsi… in pratica sotto ogni albero una o più famiglie hanno ricreato la propria casa. I numeri oscillano tra gli 84.000 e i 120.000 sfollati, una folla infinita di gente che occupa ogni angolo di quello che prima era uno spazio assolato e vuoto.

Nell’ambulatorio di Mingkaman troviamo ad attenderci lo staff del CCM, che in questi giorni difficili è rimasto coraggiosamente al lavoro, garantendo senza sosta supporto medico e umano. Nell’ambulatorio anche gli operatori umanitari di MSF, intenti a organizzare il campo sanitario per l’emergenza. Anche loro colpiti, come lo siamo noi stessi, dall’efficienza e dalla serietà dello staff Sud Sudanese del CCM. Hanno saputo farsi carico dell’emergenza e rispondere ai bisogni sanitari di una popolazione che di colpo è duplicata. Eppure a guardarli sono davvero poco più che ragazzi.

Le presenze nell’ambulatorio sono alte, ma considerato l’alto afflusso di sfollati dei giorni scorsi a Mingkaman ci aspettavamo un numero ancora maggiore. Segno che molti degli sfollati si stanno di nuovo spostando e che le loro condizioni sono ancora decenti. Qualche persona in più affolla il nuovo centro sanitario aperto da CCM e MSF, in cui lavora anche il personale dell’ambulatorio statale di Bor (Jonglei), migrato dall’altra parte del Nilo insieme alla popolazione.

Ci incontriamo con lo staff MSF per definire un piano di lavoro e decidere come gestire gli spazi e i bisogni. Il numero dei feriti in arrivo dal vicino Jonglei è ancora costante; il rischio di malnutrizione per i bambini più piccoli altissimo (in poche ore individuiamo diversi casi di SAM – Malnutrizione severe, alcuni dei quali con complicazioni tali da chiedere il trasferimento nell’ambulatorio CCM di Bunagok); ed è evidente che, vista l’ assenza di servizi igienici oltre le latrine dell’ambulatorio, il rischio di un’epidemia di diarrea è altissimo, e le sue conseguenze, specie sui più fragili potrebbero essere devastanti.


Note:

[1] Daniel Lai, esperto sanitario del CCM, Teresa Waweru responsabile dei progetti del CCM ad Yirol East – Sud Sudan, Concepta Wafula nutrizionista del CCM.

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