Torino. La situazione in Sud Sudan è grave e l’emergenza umanitaria e sanitaria richiede uno sforzo grandissimo per far fronte alle necessità delle popolazioni locali e degli sfollati. Quest’ultimi sempre più numerosi stanno arrivando in particolare nella contea di Awerial (Stato dei Laghi). In Sud Sudan il CCM, Comitato Collaborazione Medica, organizzazione di cooperazione internazionale in ambito sanitario, non si ferma e opera per garantire assistenza e cure sanitarie.

Ad Awerial, zona dove dal 2005 il CCM lavora e gestisce i servizi di salute primaria, la popolazione è in pochi giorni raddoppiata: sono infatti oltre 84 mila gli sfollati in arrivo dallo Stato di Jongley, in fuga principalmente dalla città di Bor, teatro degli scontri più cruenti. Gli sfollati stanno cercando rifugio prevalentemente nei pressi del villaggio di Minkamman, dove il CCM gestisce con le autorità sanitarie locali il Centro pubblico di salute che garantisce visite ambulatoriali, diagnosi di laboratorio, brevi ricoveri, emergenze ostetriche e neonatali, assistenza pre e post natale, vaccinazioni. A queste attività si aggiunge “la clinica mobile”, che raggiunge le comunità delle zone più remote con difficile accesso alle cure sanitarie.

Nell’attuale situazione di emergenza, le attività di assistenza sanitaria richiedono al CCM un impegno doppio: si moltiplicano le visite mediche, raddoppia l’urgenza di vaccinazioni, cresce esponenzialmente la richiesta di visite e di interventi di emergenza.

“Da molti anni, già da prima dell’indipendenza del Paese, il CCM è impegnato in Sud Sudan per il rafforzamento delle strutture pubbliche in collaborazione con le autorità sanitarie locali. Di fronte a questa emergenza umanitaria e sanitaria la sfida che dobbiamo combattere è quella di non permettere il collasso delle strutture, dobbiamo essere in grado di assorbire e di rispondere adeguatamente alle necessità sanitarie che sono a dir poco raddoppiate.”, afferma Marilena Bertini, medico e presidente del CCM.

In questo momento manca l’acqua potabile e le persone usano l’acqua del Nilo per lavarsi e bere, i servizi igienici sono precari e i rifiuti sparsi sul territorio, non c’è cibo a sufficienza. Il tutto ovviamente ha disastrose ripercussioni sulla situazione sanitaria: aumenta il rischio di colera e la probabilità che si presentino nuove epidemie di morbillo (l’ultimo allarme solo pochi mesi fa, nell’ottobre scorso), sono più frequenti le infezioni respiratorie e intestinali. A ciò si aggiungono i casi direttamente collegati alla guerriglia in atto: numerose le ferite da arma da fuoco, le fratture e le ustioni.

Il CCM è quindi mobilitato per assicurare il funzionamento delle strutture sanitarie pubbliche e la loro capacità di rispondere alle aumentate esigenze. Essenziale il servizio di ambulanza, per trasportare i pazienti dalle zone di affluenza degli sfollati fino al centro di salute. Il CCM è impegnato nella distribuzione di medicinali (anti malaria e anti diarrea in particolare), in attività di vaccinazione, passate da circa 1500 al mese a circa 3000, nell’assicurare la catena del freddo (ad esempio più frigoriferi) per preservare i vaccini. Le attività di clinica mobile sono moltiplicate (da 2 volte al mese a 1 alla settimana).

In Awerial gli operatori sanitari locali del CCM sono 50, 300 in tutto il Sud Sudan, fra i quali medici, ostetriche, infermieri, tecnici di laboratori, che stanno operando ininterrottamente. Ad essi si aggiungono i tecnici sanitari internazionali che stanno coordinando la situazione di emergenza, circa 10. In queste ore è in corso una missione della rappresentante del CCM in Sud Sudan Elisabetta D’Agostino e dell’esperto sanitario Daniel Lai volta a valutare le azioni per migliorare la risposta all’emergenza.

Nel nord del Paese inoltre, il CCM è presente a Turalei, nella Contea di Twic in prossimità del confine con lo Stato di Unity dove sono in corso violenti scontri tra le truppe governative e i ribelli. Anche a Turalei la situazione umanitaria rischia di peggiorare ulteriormente: sono già 600 gli sfollati, in continua crescita, e numerosi i soldati ricoverati per ferite d’arma da fuoco e fratture. Anche lì la presenza del CCM dovrà essere rafforzata. “L’ospedale è rimasto sempre operativo ed è riuscito finora a rispondere alle maggiori necessità, anche grazie alla collaborazione con altre ONG presenti sul posto, tra cui Medici senza Frontiere. Purtroppo la volatilità della sicurezza del paese non permette ai nostri medici italiani, già pronti per una missione chirurgica in loco, di recarsi nel paese. Gli sforzi richiesti agli operatori sanitari locali sono ancora più grandi.” racconta Dorcas Omondi giovane kenyota, direttrice dell’Ospedale del CCM. “Il diritto alla salute in questa situazione è ancora più difficile da garantire e si scontra con l’odio inter-etnico che questa guerra ha sollevato. In questo momento, purtroppo anche all’interno dell’ospedale, luogo solitamente “neutro” dove i conflitti dovrebbero rimanere fuori dalla porta ,si stanno verificando episodi di ostilità .Ad esempio, nelle stanze di degenza abbiamo dovuto separare i pazienti dinka da quelli nuer per superare le diffidenze reciproche e i timori di violenze.”

Il CCM è presente in Sud Sudan dal 1983. Nel complesso in Sud Sudan il CCM gestisce, oltre ad attività di medicina territoriale, una rete di strutture sanitarie di diverso livello, comprendenti vari ospedali, centri e unità di salute primaria, con particolare attenzione alla salute di donne e bambini. Le zone interessate dall’emergenza sono quelle dove il prof. Pino Meo, cofondatore del CCM mancato circa un anno fa, ha trascorso lunghi periodi della propria vita per aiutare la popolazione locale.

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