Ci sono tanti motivi per i quali una organizzazione non profit potrebbe avere un account su Twitter. A partire dall’opportunità di rafforzare il legame con il proprio pubblico, fornire assistenza e supporto, far crescere il consenso, migliorare la reputazione, diffondere rapidamente informazioni in situazioni di emergenza in cui la tempestività può fare la differenza. (
http://www.wired.it/internet/social-network/2013/12/12/twitter-il-social-network-delle-emergenze-e-delle-petizioni-come-lo-usano-le-organizzazioni-non-profit/)
Addirittura c’è chi, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità – WHO, World Health Organisation - ha dichiarato pubblicamente di adottare, in situazioni particolari, un approccio “Twitter first”, ovvero l’anticipazione di notizie su questa piattaforma di microblogging prima ancora della diffusione di comunicati stampa. Scelta condivisibile se si pensa che questa organizzazione utilizza Twitter soprattutto in ambiti in cui la capacità di essere tempestivi è un fattore di importanza vitale.
https://twitter.com/WHO/status/320148152499982336Ci sono poi altre realtà, come l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN, European Organisation for Nuclear Research) che, ben cosciente della necessità di coinvolgere la comunità scientifica e l’opinione pubblica su temi di natura scientifica, annuncia le scoperte direttamente via Twitter.
https://twitter.com/CERN/status/220425130793385985Recentemente il report
Twiplomacy ha dedicato un capitolo all’analisi di 223 account di 110 organizzazioni in tutto il mondo, esaminando la pratica d’uso di ciascuna: il numero di tweet inviati, l’utilizzo di hashtag e liste, il rapporto tra followers/following, le menzioni e via dicendo. L’ UNICEF risulta l’organizzazione più popolare (in base al numero di follower, oltre 2.000.000), il CERN quella più efficace (in base al numero dei retweets) mentre le Nazioni Unite è quella inclusa in più liste.
In generale, gli account oggi più seguiti sono quelli di organizzazioni iscritte a Twitter tra il 2007 e all’inizio del 2008. Greenpeace, per esempio, è stata la prima a esordire su questa piattaforma. Ma esser stati lungimiranti non basta: le organizzazioni di maggior successo sono soprattutto quelle che utilizzano Twitter per qualcosa in più che rilanciare comunicati e diffondere notizie. Sono quelle che hanno capito il “perché esserci”: domanda fondamentale, che ha una risposta diversa per ogni organizzazione.
Altro aspetto cruciale che vale per qualsiasi piattaforma conversazionale è sapersi adeguare all’uso “personale”. Se poi l’ account istituzionale è affiancato da quello individuale del rispettivo leader, l’organizzazione ne ha tutto da guadagnare, anzi è un elemento decisivo nella creazione di una relazione di fiducia con il proprio pubblico. Sembra, tra l’altro, che le persone siano più portate a fidarsi di organizzazioni
i cui CEO usano i social media; comprensibile, visto che il destino naturale dei leader, in virtù della loro conoscenza intima dell’organizzazione, è proprio quello di essere dei veri e propri ambasciatori.
Anche qui viene premiata la capacità di interagire in maniera personale. Mentre le attività del Segretario Generale delle Nazioni Unite sono comunicate tramite un account (@UN_Spokesperson) gestito dall’Ufficio del Portavoce, il Segretario Generale della East African Community ha fatto tutt’altra scelta: il 65% dei tweet che Richard Sezibera manda dal suo accout persone sono risposte ad altri utenti e questo lo rende – secondo Twiplomacy – il leader più “conversazionale”. Nessun dubbio sul fatto che i tweet siano frutto della sua penna.
https://twitter.com/rsezibera/status/129675687513698305