I più poveri bulgari, romeni, lettoni e greci. I dati Eurostat indicano per il Bel Paese una sofferenza maggiore della media Ue. Secondo un rapporto pubblicato oggi da Eurostat, «nel 2012, 124,5 milioni di persone, che rappresentano il 24,8% della popolazione, erano minacciati di povertà o di esclusione sociale nell’Ue, contro il 24,3% nel 2011 e il 23,7% nel 2008. Queste persone si sono così confrontate con almeno una delle tre seguenti forme di esclusione: rischio di povertà, situazione di privazione materiale severa, vivere in famiglie ad intensità di lavoro molto bassa».
Anche la politica europea si sta accorgengo che la crisi sta devastando le strutture economiche e sociali di interi Paesi e la riduzione del numero di persone che sono a rischio povertà o esclusione sociale nella ricca Ue è uno dei principali obiettivi della strategia Europa 2023. Quello di Eurostat è un bollettino di guerra dal fronte della povertà europea e le Caporetto del neocapitalismo e delle mancate promesse delle democrazie post-comuniste sono la Bulgaria, con il 49% dei suoi cittadini minacciati di povertà ed esclusione sociale), la Romania (42%), la Lettonia (37%) che precedono addirittura la disastrata Grecia (35%).
I Paesi dell’Ue con meno poveri ed esclusi sono l’Olanda e la Repubblica Ceca (15%), la Finlandia (17%), la Svezia e il Lussemburgo (18%).
L’Italia ha 18 milioni di persone, il 29,9% della popolazione, che subiscono almeno uno dei tre criteri di rischio di povertà o esclusione sociale. Erano il 25,3% nel 2008 e il 28,3% nel 2011. Il 19,4% degli italiani è a rischio di povertà, sopra la media Ue (17%). Nel nostro Paese le persone in situazioni di gravi privazioni sono il 14,5% contro la media Ue del 9,9% e le persone tra gli 0 e i 59 anni che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro sono il 10,3%, lo 0,1% sotto la media Ue.
Il livello del rischio di povertà è più elevato in Grecia e Romania (23%), in Spagna (22%), in Bulgaria e Croazia (21%), mentre è più basso in Olanda e Repubblica Ceca (10%), Danimarca, Slovacchia e Finlandia (13%). Bisogna però tener conto che il rischio di povertà è una misura molto relativa della povertà e che la soglia varia considerevolmente tra gli Stati membri. Tanto per capirsi, una persona considerata povera in Olanda o in uno dei ricchi Paesi scandinavi non lo sarebbe considerata in Repubblica Ceca o in Slovacchia. Questa soglia si è inoltre evoluta nel tempo a causa della risi ed è scesa in diversi Stati membri dell’Ue negli ultimi anni.
Come si è visto nell’Ue a 28 il 10% della popolazione è in una situazione di grave privazione materiale, cioè le loro condizioni di vita sono limitate da mancanza di risorse, per esempio, non riescono a pagare le bollette, a riscaldare adeguatamente la loro abitazione o a prendersi una settimana di vacanze.
La percentuale di persone in gravi difficoltà materiali è dell’1% in Lussemburgo e Svezia, del 2% in Olanda e del 3% Danimarca e Finlandia e del 4% in Austria, ma schizza al 44% in Bulgaria, al 30% in Romania ed al 26% in Lettonia ed Ungheria.
Tra la popolazione dell’Ue dagli 0 ai 59 anni il 10% vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, cioè nelle quali gli adulti durante l’anno utilizzano meno del 20% del loro potenziale lavorativo. Le concentrazioni più forti di famiglie a bassa intensità di lavoro sono in Croazia (16%), Spagna, Grecia e Belgio (14%), mentre le famiglie dove si lavora di più sono in Lussemburgo e Cipro con il 6% di bassa intensità di lavoro.
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