In questo periodo il tema delle misure di sostegno al reddito è nuovamente al centro del dibattito politico. In proposito si ravvisa, però, una certa varietà lessicale che può generare qualche confusione. Esiste, infatti, una distinzione fondamentale tra reddito di cittadinanza (o reddito di base o universale) e reddito minimo garantito (o d’inserimento). (
http://www.acli.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=8466:reddito-minimo-o-reddito-di-cittadinanza-le-misure-di-contrasto-alla-poverta&Itemid=772#.UqGGDeKzIq4)
Scritto da Marta Simoni
Il primo è un reddito incondizionato, universale e illimitato nel tempo, rivolto a tutti gli individui dotati di cittadinanza e di residenza (compresi gli occupati e chi non ha mai lavorato); il secondo è, invece, un reddito condizionato la cui erogazione è soggetta a una serie di criteri definiti in base al reddito, la disponibilità a lavorare o altri ancora. Attualmente, l’unico esempio di reddito di cittadinanza è il Permanent Fund Dividend Program in Alaska, grazie al quale viene ridistribuita a ogni cittadino residente da almeno un anno una quota del profitto ricavato dalle concessioni petrolifere sotto la forma di vero e proprio dividendo.
Altri schemi parziali sono presenti in vari paesi in via di sviluppo, dove si cercano nuove forme di contrasto alla povertà assoluta e alla deprivazione materiale. È evidente che per il nostro paese, così come per molti altri, un reddito di cittadinanza propriamente detto non sarebbe economicamente sostenibile.
Pertanto, quando in Italia si parla di misure di contrasto alla povertà o di sostegno al reddito, si fa riferimento al reddito minimo garantito, al di là delle etichette con cui viene indicato.
Per approfondire il tema, la
Fondazione Achille Grandi per il Bene Comune ha preparato un
dossier sulle misure di contrasto alla povertà previste dal Governo e sulle proposte dei partiti e dei soggetti del terzo settore. Difatti, nonostante la Ue solleciti da anni gli Stati a introdurre il reddito minimo garantito, inteso quale fattore d’inserimento nella società dei cittadini più poveri, solo in questo ultimo periodo in Italia si è riaperto un dibattito in merito all’istituzione di un sostegno pubblico a quanti vivono una condizione d’indigenza.
Oggi in Parlamento giacciono le proposte del PD, di Sel e quella del M5S che hanno presentato tre diversi disegni di legge per l’istituzione di nuovi strumenti di inclusione sociale e di lotta alla povertà.
Una Commissione appositamente istituita presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e presieduta dal viceministro Maria Cecilia Guerra ha invece elaborato, con il contributo di docenti universitari, l’ipotesi di uno strumento chiamato Sia, Sostegno per l’inclusione attiva: una nuova misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta e all’esclusione sociale nel quale sono confluite alcune delle principali proposte provenienti dal mondo dell’associazionismo e dal terzo settore.
Il Sia, in seguito al maxiemendamento, è stato parzialmente introdotto nella legge di stabilità. La sua applicazione avverrà, tuttavia, in via sperimentale solo in alcune grandi aree metropolitane.
Critica in proposito la posizione delle Acli che giudicano largamente insufficienti le risorse destinate alla lotta alla povertà: appena 40 milioni all’anno, contro i 900 che servirebbero per avviare
un progetto come il Reddito di inclusione sociale (Reis), proposto in collaborazione con la Caritas.
Sempre le Acli hanno inoltre promosso l’Alleanza contro la povertà in Italia, un insieme molto rappresentativo di soggetti sociali, sindacali, del terzo settore, istituzionali che intende promuovere adeguate politiche contro la povertà assoluta. Tutti gli aderenti all’Alleanza stanno lavorando per arrivare a presentare una proposta organica che, partendo da un lavoro di revisione del Reis, conduca alla predisposizione di uno strumento di contrasto alla povertà assoluta da presentare al Governo.