Cosa si nasconde nella zona grigia in cui si colloca lo svantaggio giovanile. Già da qualche anno la condizione dei giovani che, concluso o abbandonato un percorso di studi, si perdono e non trovano una collocazione nel mondo del lavoro è oggetto della preoccupazione della Commissione europea, che svolge monitoraggi specifici per tenere sotto osservazione quella zona grigia in cui si collocano, oltre ai Neet, giovani in condizione di forte svantaggio socio-culturale, che esprimono disagio e rischio di esclusione sociale.

di Vittoria Gallina

All’interno di questi gruppi, si definiscono i NEET “Not (engaged) in Education, Employment or Training” che è l’acronimo che indica un settore di popolazione svantaggiata, che non lavora e sembra non aver contatti, né aspirazioni verso il mondo del lavoro e che non è inserita in percorsi di istruzione (scuola/università) o di formazione. Questa categoria viene in genere collocata nella fascia di età 15-29 anni ma ormai, proprio a causa della crisi in atto, in alcune indagini si arriva a comprendere anche popolazioni fino a 35 anni.

Secondo le ultime rilevazioni di Eurostat i giovani sono i più colpiti dall’attuale crisi economica, il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 20,7%, si tratta di circa cinque milioni di giovani disoccupati: è bene dare i numeri accanto alle percentuali per rendere visivamente evidente la drammatica entità del fenomeno.

E’ chiaro che gli Stati membri della UE evidenziano differenze e peculiarità di contesti, ma in tutti la disoccupazione dei giovani ha risentito della crisi, in termini di produzione e di risorse, in misura maggiore rispetto alla disoccupazione generale. Una crescita economica fortemente rallentata si traduce in un aumento del tasso di disoccupazione dei giovani, più deboli nei periodi di recessione, perché un mercato che offre minori opportunità di lavoro costringe i giovani a competere con persone in cerca di lavoro che hanno acquisito molta più esperienza di loro.

In Italia nel 2011 quasi 1 giovane su 4, al di sotto dei 35 anni si collocava in questa categoria. I numeri sono spaventosi: più di 3 milioni e 200 mila giovani, con un aumento si quasi 460 mila rispetto al 2008, quando erano il 20% della fascia di età.

Fare calcoli precisi non è facile proprio a causa della instabilità di queste situazioni precarie in cui solo un gruppo è sicuramente calcolabile come disoccupato (3 su 10, secondo Istat) mentre, sempre secondo Istat, 7 su 10 sono fuori dal mercato del lavoro, in quella zona grigia, appunto, in cui si collocano giovani che forse vorrebbero lavorare, ma non sono incoraggiati e sostenuti a farlo, persone espulse dal lavoro e anche giovani in situazioni di lavoro nero.

L’Ocse nel 2012 ha fatto una stima del fenomeno nei paesi aderenti all’ organizzazione: l’Italia è il quarto paese tra quelli che hanno la percentuale più elevata di Neet tra 15 ai 24 anni, 35,9% sulla fascia di età indicata (Grecia, Spagna, Portogallo hanno quote più elevate) contro una media Ocse del 17,1% e 22,6% dell’Unione europea (da notare che nel 2007 in Italia questa percentuale era il 21,3%).

Le difficoltà delle donne a trovare lavoro si evidenzia drammaticamente in Italia anche in questi gruppi (quasi due milioni sono donne), anche se la crisi tra il 2007 e il 2008 ha colpito in prevalenza i maschi. L’esplosione del fenomeno si ha dopo i 24 anni (età di conclusione dei percorsi di studio lunghi), questo dato è confermato da Eurostat che ha registrato l’aumento di Neet con titolo di studio pari al diploma.

Vedi "Data giovani", rielaborando i dati Istat, permette di ricostruire per l’Italia il triennio 2008-2011 (Tabella).

Se guardiamo la composizione dei Neet italiani, di cui le femmine sono il 60,2%, notiamo che nel 2011 i disoccupati sono il 31%, gli inattivi del 68,5% i maschi 39,8%. Il fenomeno dei Neet è particolarmente grave nel sud, il 57% dei Neet al di sotto dei 35 anni vive nel meridione ma, se si confrontano i dati del 2008 e del 2011, si nota che il nord-est ha assistito ad un crescita relativa estremamente elevata: i Neet aumentano del 41%. La crisi colpisce in particolare i giovani di Emilia Romagna e Veneto, e contribuisce quindi ad accrescere l’esercito dei Neet.

Essere Neet per periodi lunghi, come avviene sempre di più ormai quasi dovunque, amplifica il rischio di impoverimento di competenze e quindi accentua anche in prospettiva le difficoltà di questi soggetti.

L’ultima indagine Ocse PIAAc sulle competenze della popolazione adulta (16-65 anni) in 22 paesi permette di descrivere la condizione dei Neet in relazione al possesso e alla perdita di competenze alfabetiche e matematiche funzionali (Literacy be Numeracy).

I Neet in tutti i paesi partecipanti registrano uno svantaggio sistematico, che li porta ad avere la più alta probabilità di stare ai livelli più bassi di competenza. Il grafico in alto a destra di questa pagina (in fotogallery, ndr) visualizza la differente probabilità che hanno i giovani di 16-24 anni di collocarsi al livello 2 della scala di competenza di literacy (questo livello secondo le definizioni Ocse indica un possesso di competenze molto deboli, che ostacolano la ulteriore acquisizione di saperi e che è ritenuto inadeguato per affrontare la vita e il lavoro in un contesto complesso e mutevole come quello attuale).

La figura è interessante perché evidenzia come la probabilità di avere scarse competenze, a partire da chi è nei circuiti dell’istruzione, dove la probabilità di collocarsi al livello 2 appare molto limitata, sale già per chi lavora, ma è ancora in formazione, aumenta decisamente per chi lavora soltanto (un eccessivamente precoce inserimento nel mondo del lavoro, senza adeguati sostegni formativi, espone questi giovani a rischi che si protrarranno anche nel futuro), e arriva a presentarsi come quattro volte maggiore per i Neet.

I dati Piaac permettono quindi, da questo punto di vista, di esplorare quella che abbiamo definito “area grigia”, in cui si colloca lo svantaggio giovanile dei giovani 16-24enni che non lavorano o vivono condizioni di lavoro ultra-precario e di lavoro nero, o sono fuori dal ciclo iniziale di istruzione e/o che non partecipano ad attività di apprendimento formale ed informale (i Neet in senso proprio).

Tutti questi giovani risultano avere dei punteggi di Literacy molto bassi, in media 235 punti, decisamente al disotto del punteggio medio italiano che è di 252 punti, e se confrontati con i punteggi di cittadini italiani di altre classi d’età, raggiungono livelli di competenza solo leggermente superiori a quelli dei più vecchi, la fascia degli over 55.

Oltre l’80% di questi giovani hanno , come si è detto, livelli di competenza inadeguati. Si tratta per il 65% di maschi e per il 35% di femmine. Il 59% ha un titolo di studio basso, inferiore al diploma, e il 39% ha un diploma. Una parte di questa sottopopolazione, il 46%, corrisponde alla categoria dei Neet, mentre il restante 54% è costituito da giovanissimi lavoratori che hanno concluso e/o interrotto un percorso di studi breve e che non partecipano ad altre attività formative.

Riferimenti: www.datagiovani.it; www.eurofound.europa.eu/L; www.isfol.it/pubblicazioni/le-competenze-per-vivere-e-lavorare-oggi n.9.

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