Povertà e global warming vanno considerati come un problema unico. Come dovrebbero affrontare i cittadini europei la povertà globale ed europea e lo sviluppo sostenibile post-2015? E’ questa è la domanda che è stata al centro delle Giornate europee dello sviluppo 2013, l’evento annuale organizzato dalla Commissione europea a Bruxelles il 26 e 27 novembre. Quest’anno il dibattito si è concentrato su quello che dovrebbe venire dopo gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, che scadono nel 2015.
La commissaria europea all’Azione climatica, Connie Hedegaard (nella foto), ha risposto con un ammonimento: «Non otterremo lo sviluppo e la crescita di cui abbiamo bisogno nel XXI secolo se non terremo conto dei cambiamenti climatici». Dopo la deludente conclusione della Cop19 dell’Unfccc di Varsavia e riferendosi al catastrofico tifone Haiyan/Yolanda nelle Filippine, la Hedegaard ha avvertito: se non ne teniamo conto «anche lo sviluppo verrà spazzato via. Ora, sulla scia della conferenza di Varsavia, l’Unione Europea sta iniziando a preparare il suo posizionamento in merito. Possiamo migliorare nel coniugare cambiamenti climatici e sviluppo. Stiamo facendo i nostri compiti a casa da consegnare il prossimo anno. A metà gennaio la Commissione presenterà i suoi obiettivi in tempo utile perché vengano discussi al vertice dei leader dell’Unione europea che si terrà nel mese di marzo. Dobbiamo rompere con i vecchi schemi. Non è più opportuno lavorare in termini di responsabilità separate per l’ambiente, per la finanza o per l’energia. Dobbiamo considerarle legate da un filo sottile, e scegliere un approccio più coerente per definire le nostre strategie di sviluppo».
La commissaria Ue ha anche sottolineato «La necessità di coerenza tra un’ampia gamma di stakeholders. È importante utilizzare un processo bottom up così come uno top down. Se vogliamo essere efficaci nel cambiamento climatico, dobbiamo coinvolgere tutti i settori. I risultati della riunione di Varsavia hanno dimostrato che l’impegno di tipo bottom-up non è stato abbastanza efficace».
Un’opinione condivisa anche da altri partecipanti al gruppo “Sradicamento della povertà e cambiamento climatico: amici o nemici?”. Adriana Dinu, vice.coordinatrice esecutiva del Global Environment Facility (Gef) dell’Onu ha detto: «Non c’è dubbio che il cambiamento climatico rappresenti una minaccia all’impegno per la riduzione della povertà nel mondo. Per il miliardo di persone che vivono in estrema povertà, qualsiasi miglioramento sarà impossibile se non affrontiamo i cambiamenti climatici».
Alle Giornate Europee dello Sviluppo (Edd13), partecipano più di 5.000 stakeholders che stanno aiutando a chiarire i prossimi passi che l’Ue deve fare per una nuova agenda dello sviluppo, nelle discussioni con i rappresentanti dei governi dei diversi Paesi e di quelli in via di sviluppo, agenzie internazionali, Ong e università, politici e funzionari dell’Unione Europa.
Il tentativo è stato quello di definire come l’Ue possa contribuire a promuovere standard fondamentali di qualità di vita, diritti umani e giustizia, la crescita inclusiva e sostenibile, e nuovi partenariati per lo sviluppo. Le sessioni dell’Edd13 stanno affrontando le questioni riguardanti salute, sicurezza alimentare, educazione, uguaglianza di genere ed empowerment delle donne, problemi della pace e della sicurezza e degli Stati fragili, governance democratica, terreni e mezzi di sussistenza,’occupazione e lavoro dignitoso, protezione sociale, cambiamento climatico, commercio, settore privato e forme di finanziamento che vadano oltre il sostegno pubblico allo sviluppo.
Anche Thijs Berman, della commissione del Parlamento europeo sullo sviluppo, pensa che «E’ impossibile definire una politica di sviluppo che non sia legata al cambiamento climatico» e Aisa Kirabo Kacyira, vice-direttice del UN-Habitat, concorda sulla necessità di un legame più forte tra i due soggetti, ma ha anche espresso insofferenza per la mancanza di progressi nel trasformare le parole in azione: «Abbiamo parlato per anni. C’è stata una crescita economica, che però non ha facilitato la situazione per molte persone, soprattutto i poveri urbani nel mondo sviluppato, ammassati in baraccopoli nelle aree eco-fragili come paludi ai margini della città, perché le baraccopoli crescono più velocemente delle azioni politiche che potrebbero cambiare le condizioni che sono alla base dell’esistenza stessa delle baraccopoli. Cercare di combattere la povertà senza intervenire in termini di sviluppo è un programma destinato a fallire».
Ibrahim Thiaw, vice-direttore del Programma Onu per l’ambiente (Unep) ha riconosciuto: «Nonostante le prove sul cambiamento climatico e il suo impatto negativo sui più poveri, siamo lenti ad affrontare la confusione che noi stessi abbiamo creato. Perché pur sapendo che possiamo risolvere il problema, non agiamo abbastanza rapidamente per arginare il problema? Per risolvere i problemi nei Paesi in cui molte persone vivono in povertà, è necessario prendere in considerazione il cambiamento climatico».
Frédéric Bontems, direttore per le politiche di sviluppo e i beni pubblici globali del ministero degli esteri francese ha dunque denunciato che «La povertà e il cambiamento climatico vengono considerate questioni diverse, ma oggi vanno visti come un problema comune».
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