Immigrazione. In Italia si stimano 5.186mila stranieri residenti. Ma la sanità non è uguale per tutti. Solo sette le Regioni in regola. La denuncia nel Dossier 2013 curato da IDOS. I residenti “ufficiali” sono 4.387.721, ma la stima reale sale a più di 5 milioni. Nel dicembre 2012 la Stato Regioni ha sancito un accordo per la corretta applicazione delle norme sull’assistenza sanitaria agli immigrati, ma la maggior parte non l’ha ancora recepito. SINTESI DEL DOSSIER.

14 NOV - In Italia, solo 7, tra le Regioni e le Province Autonome (Lazio, Puglia, Campania, Calabria, Liguria, Friuli Venezia Giulia e la PA di Trento) hanno formalmente ratificato l’accordo approvato in seno alla Conferenza Stato Regioni del 20 dicembre 2012, finalizzato a superare le disuguaglianze di accesso degli immigrati ai servizi sanitari”.

Lo denuncia l’edizione 2013 del Dossier statistico immigrazione, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

Ancora si riscontrano lentezze e indecisioni - si sottolinea - in assenza di direttive precise, nell’iscrizione al Servizio Sanitario dei minori figli di immigrati senza permesso di soggiorno. Un nodo irrisolto è anche quello dei minori comunitari in condizioni di fragilità sociale, non citati nel predetto accordo, ma che, secondo l’autorevole parere della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, non possono essere trattati in maniera peggiorativa.

Tornando all’accordo del 20 dicembre, il rapporto sottolinea che “Non è un accordo casuale o inaspettato, bensì il frutto di oltre 4 anni di lavoro tecnico e anche di mediazione, di ricerca ed analisi, di pressione politica e professionale. E’ il frutto di un lavoro di rete istituzionale e non, che segna, a nostro avviso, un modello di relazioni e rapporti tra gli attori coinvolti (settore pubblico, privato sociale e volontariato, istituzioni) nel garantire operatività al mandato costituzionale dell’articolo 32 e della legge 833/78”. “Uno strumento tecnico-operativo condiviso - sottolinea ancora il rapporto - unico elaborato ad oggi disponibile a livello di tutte le Regioni e la PA, per guidare alla corretta ed omogenea applicazione della normativa nazionale e comunitaria e porsi a garanzia dell’equità nella tutela della salute di tutte le persone straniere presenti in Italia”.

L’Italia si è affermata come rilevante area di sbocco per i flussi migratori internazionali soprattutto negli anni Duemila, ma anche nell’attuale periodo di crisi si continua a registrare un aumento della presenza straniera: da poco più di 3 milioni di residenti stranieri nel 2007 si è passati a 4.387.721 nel 2012, pari al 7,4% della popolazionecomplessiva.

Nello stesso arco di tempo i soggiornanti non comunitari sono passati da 2,06 milioni a 3.764.236 e, secondo la stima del Dossier, la presenza straniera regolare complessiva è passata da 3.987.000 persone a 5.186.000, non solo per l’ingressodi nuovi lavoratori ma anche per via dei nati direttamente in Italia e dei ricongiungimenti familiari.

Particolarmente contenuto è stato l’aumento nel 2012: +8,2% tra i residenti (nel cui registro gli inserimenti possono anche essere tardivi, nonché sottoposti a verifica in conseguenza del Censimento) e +3,5% tra i soggiornanti non comunitari, come pure nella stima della presenza regolare complessiva elaborata dal Dossier.

Tra le provenienze continentali, secondo la stessa stima, prevale l’Europa con una quota del 50,3% (di cui il 27,4% da ricondurre ai comunitari), seguita dall’Africa (22,2%), dall’Asia (19,4%), dall’America (8,0%) e dall’Oceania (0,1%). Queste le grandi collettività non comunitarie: Marocco (513mila soggiornanti), Albania (498mila), Cina (305mila), Ucraina (225mila), Filippine (158mila), India (150mila) e Moldova (149mila). Tra i comunitari, invece, la prima collettività è quella romena (circa 1 milione).

Tra le aree di residenza continuano a prevalere le regioni del Nord (61,8%) e del Centro (24,2%), mentre le province di Milano e Roma, da sole, detengono un sesto dei residenti (16,9%).

All’origine del calo dei flussi in entrata c’è la crisi economica. Le quote d’ingresso per lavoratori non comunitari nel 2012, al netto degli stagionali, sono state molto ridotte: propriamente dall’estero sono state 2.000 per lavoratori autonomi, 100 per lavoratori di discendenza italiana, mentre 11.750 sono state le autorizzazioni alla conversione di titoli di soggiorno rilasciati per motivi diversi dal lavoro. Di conseguenza, sono diminuiti gli ingressi per lavoro e i visti rilasciati per motivi di lavoro subordinato sono scesi da 90.483 nel 2011 a 52.328 nel 2012 (in entrambi i casi meno che nel periodo pre-crisi). Naturalmente è rimasto libero l’ingresso per gli altamente qualificati o le categorie fuori quota, come gli infermieri (Carta Blu Ue e art. 27 T.U. Immigrazione).

Alla fine del 2012, inoltre, a due anni di distanza dall’ultimo provvedimento del genere, si è svolta una regolarizzazione in favore dei lavoratori non comunitari, in occasione della quale i datori di lavoro hanno presentato 135mila domande, meno della metà rispetto al 2009 (295mila).

Rilevante, anche nel 2012, è stato il numero dei bambini stranieri nati direttamente in Italia (79.894, il 14,9% di tutte le nascite), cui si affiancano i 26.714 figli di coppie miste (il 5% del totale).

Nell’insieme, tra nati in Italia e ricongiunti, i minori non comunitari sono 908.539 (il 24,1% dei soggiornanti) e si può stimare che almeno 250mila siano i comunitari. (http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=18112)

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