Allarmante la condizione del segmento medio-basso della classe media italiana. È auspicabile che sul tema della povertà, al posto di polemiche e proposte demagogiche, si dia finalmente luogo ad una riflessione costruttiva tra le forze politiche.

Lo esige la dura realtà della crisi dilagante che sta piegando i vari settori del ceto medio in una spirale di progressivo ed inarrestabile impoverimento, che negli ultimi cinque anni, secondo l’Istat, ha fatto raddoppiare il numero di cittadini in uno stato di povertà assoluta, che interessa ormai circa cinque milioni di persone. Ed un numero ancora maggiore di individui in Italia vive appena al di sopra di questa soglia.

Anche il Rapporto Acli sui redditi di lavoratori e famiglie fornisce un quadro allarmante della condizione del segmento medio-basso della classe media, quella che resiste appena sopra la soglia della povertà assoluta e che rischia di precipitarci al sopraggiungere di un imprevisto, di una malattia, della perdita o scomparsa in una famiglia di quote di reddito da lavoro o da pensione. La povertà non si concentra più esclusivamente nel meridione e tra le famiglie numerose ma si è estesa in segmenti della popolazione prima ritenuti immuni: il Nord e le famiglie con due figli.

Per questo nel giorni scorsi un insieme molto rappresentativo di soggetti sociali, sindacali, del terzo settore, istituzionali, ha dato vita ad una iniziativa, l’“Alleanza contro la povertà in Italia” che si propone di affrontare sul piano politico il problema della povertà assoluta.

Impoverimento dei ceti intermedi ed aumento della povertà sono le spie di un modello economico da riformare perché non più capace di redistribuire capillarmente la ricchezza che si produce con il lavoro, ma che rischia di implodere favorendo in modo abnorme incalcolabili concentrazioni di ricchezza in mano a pochi a scapito dei salari, dello stato sociale, dei futuro dei giovani.

Riteniamo che occorra unire le forze per combattere questo aumento strepitoso della disuguaglianza e per rimuovere la più diseconomica di tutte le condizioni che impedisce e ritarda la ripresa: il calo della domanda interna.

In questa prospettiva occorre partire da chi sta peggio, dai più poveri tra i poveri – senza peraltro togliere ad altre fasce deboli o a rischio di fragilità della popolazione le risorse già stanziate – per assicurare loro l’accesso ai consumi basilari: un’alimentazione adeguata, una situazione abitativa decente e ad altre spese indispensabili come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti.

L’iniziativa dell’“Alleanza contro la povertà in Italia” lungi dal costituire il grimaldello per riorganizzare la spesa sociale in senso liberista o peggio ancora per rassegnarsi alla precarietà del lavoro ed a retribuzioni troppo basse, si propone, al contrario, di far crescere l’attenzione verso la povertà.

Di recente si sono avute un paio di proposte significative al riguardo: quella del ministero del welfare (con il Sia – Sostegno all’inclusione attiva) e quella di Acli e Caritas (con il Reis – Reddito d’inclusione sociale).

Tenendo conto delle proposte già elaborate, l’Alleanza si è data l’obiettivo di presentare una proposta organica di riforma per fare del 2014 il primo anno del Piano nazionale contro la povertà, del quale il paese ha grande bisogno e da cui non si può prescindere anche per agevolare la ripresa economica. (http://www.europaquotidiano.it/2013/11/14/lalleanza-delle-acli-contro-limpoverimento/#)

Giovanni Bottalico
(Giovanni Bottalico è presidente nazionale Acli)

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