Ho deciso di raccontare la guerra dall’altezza di un bambino di dieci anni creando un archivio di oltre 10.000 foto, riportando giorno dopo giorno tutto quello che succedeva nel Paese, dalle città ai campi profughi.
Nel dicembre del 2011 rientravo da un reportage sulla guerra in Libia. Avevo raccontato delle città fantasma incendiate e distrutte come se si trattasse di una pulizia etnica, Taouarga. Mi avevano colpito i campi profughi nei quali vivevano le persone di colore, banditi dalla vita normale, che fuggivano o si univano in gruppi in accampamenti improvvisati. In quel viaggio avevo iniziato ad utilizzare i social network per raccontare giorno per giorno ciò che vedevo e sentivo nei miei viaggi. Avevo imposto ai miei amici di non chiedermi degli orrori che vivevo nella mia vita di reporter di guerra, ma avevo promesso di raccontare giorno dopo giorno i Paesi che visitavo.
Entrato in questo mondo virtuale, mi sono ritrovato ben presto ad “incontrare” altre figure che utilizzano i social network per motivi pratici, di sopravvivenza e che si erano avvicinate a me chiedendomi di essere la loro voce. Rientrato dalla Libia, ho iniziato a ricevere molte richieste di aiuto da fotografi siriani che utilizzano il web per mostrare al mondo quello che sta succedendo nel loro Paese. Molti di loro temono la censura o ripercussioni politiche, molti sono già fuggiti in Paesi del Golfo e cercano una strada per non lasciar morire in solitudine il loro popolo. Salwa è stata la prima persona che ho conosciuto, un’insegnante di inglese di Homs fuggita negli Emirati Arabi perché più volte minacciata di morte per le sue idee. Ho visitato diverse volte quella città. Mi ha sempre affascinato.
È nata così una pagina di facebook, Nino Fezza Cinereporter, raccontando i miei viaggi e dando voce alle centinaia di amici che hanno bisogno di urlare al mondo l’orrore che insanguina la loro terra. Ho deciso subito che avrei effettuato una scelta difficile, ma per me essenziale: lasciare la politica al di fuori e dare spazio unicamente alle storie dei civili, soprattutto i bambini che vivono un orrore del quale sono le prime vittime. Ho deciso di raccontare la guerra dall’altezza di un bambino di dieci anni. Ho raccontato la guerra in Siria creando un archivio di oltre 10.000 foto, riportan-do giorno dopo giorno tutto quello che succedeva nel Paese, dalle città ai campi profughi.
Con il passare del tempo, la realtà lontana del web è diventata necessità di trasformare il racconto in aiuto concreto. Nel dicembre del 2012, attraverso facebook, ho lanciato una raccolta fondi a sostegno dei bambini del campo profughi di Atma. La raccolta si è trasformato in un convoglio umanitario reale, partito da Trieste, che ha coinvolto 26 città italiane tutte unite attorno al progetto “I bambini di Atma non hanno le scarpe”. Questo strumento, per molti un semplice divertimento, si è trasformato in un mezzo di informazione e aggregazione. Oggi, alla mia pagina facebook, nella quale continuo a raccontare l’orrore della guerra in Siria, sono collegate 28 pagine di iniziative tenute in tutta Italia per il finanziamento dei progetti a sostegno dei bambini vittime della guerra e raccolte di beni di prima necessità in 26 città diverse.
Lavoriamo affrontando le necessità più urgenti: la scuola e l’inverno imminente. Abbiamo la possibilità di sapere molto di qualsiasi angolo del mondo, basta avere la curiosità di viaggiare, anche virtualmente, e informarci. Vorrei comunque condividere la mia esperienza sui social network e ricordare che le notizie sono a nostra disposizione, ma non dobbiamo essere soggetti passivi. Il web è un modo per comunicare aperto a tutti. Come tali, “tutti” abbiamo la possibilità di diffondere qualsiasi tipo di informazione, non sempre reale e, molto spesso, frutto solo di un’interpretazione personale della realtà. Confrontate sempre le notizie, leggete le diverse versioni, ponetevi domande e cercate risposte. Ho iniziato ad usare questo mezzo con poche gocce. Tutte insieme, oggi, formano un oceano. Raccontate, raccontate sempre… Una storia non esiste se non viene raccontata. (
http://www.socialnews.it/articoli/9498)
Sebastiano Nino Fezza. Giornalista, cinereporter RAI.