Combattere le speculazioni e costruire un mondo più giusto, fondato su valori etici rinnovati, appare la strada maestra per fornire una risposta alle migliaia di persone coinvolte dalle guerre e dai conflitti nel mondo.
Nell’Angelus del 1° settembre scorso, Papa Francesco è tornato ancora una volta a levare la sua voce contro ogni forma di violenza: «Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza». Ha indetto per il 7 settembre, vigilia della ricorrenza della Natività di Maria, Regina della Pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero. L’iniziativa ha riscosso ampio consenso, con la partecipazione di oltre 100.000 persone. Forti e chiare le parole del Papa in occasione della Veglia e, nell’Angelus di domenica 8 settembre, ringraziando tutti i partecipanti, ha esortato ad andare avanti con la preghiera e con le opere di pace. Sottolineando, poi, che “dappertutto ci sono guerre”, il Santo Padre ha invitato tutti a chiedersi se davvero ognuna di queste guerre sia “per problemi” o non sia invece “una guerra commerciale per vendere queste armi
nel commercio illegale?”.
Sulla scia di questi interventi, Caritas Italiana, a partire proprio da quanto accade in Siria e in tutte le zone di conflitto, è tornata a chiedere alle Caritas diocesane di avviare una nuova stagione di impegno educativo con proposte responsabilizzanti nella ricerca di nuovi percorsi di educazione alla pace, alla non violenza, alla mondialità. Le Caritas possono pensare, proporre, rafforzare nei percorsi pastorali avviati in diocesi, esperienze capaci di diventare stile, scelta di vita, a livello personale, professionale, familiare. Esperienze in cui la pace, la solidarietà, la non violenza, la mondialità, non siano solo dichiarate, ma anche praticate. Certo, educare alla pace è oggi impresa resa più difficile dal fatto che il ricorso alle armi sembra essere un’opzione tra le altre, senza remore morali o, come si dice, moralistiche. È la stessa cultura che si fa valere nei rapporti sociali, dove reclama spazio la legge del più forte. Ed è proprio la cultura più ostile alle beatitudini della non violenza, della mitezza, della fatica di costruire la pace.
Ancor più in questo Anno della fede, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, come Cristiani, nelle comunità in cui viviamo siamo, dunque, chiamati ad impegnarci in un’autentica catechesi di pace. Vanno edificate comunità sempre più orientate al bene comune, attraverso l’impegno educativo e la costruzione di sistemi di relazione e responsabilità rinnovati, basati sulla piena dignità di tutte le parti in causa.
Ricordando, poi, che il conflitto in Siria è in atto da oltre due anni e mezzo, nel solco del nostro impegno decennale proprio sul tema dei “conflitti dimenticati”, ci auguriamo possa essere superata la logica dell’emergenza e della transitoria rilevanza mediatica e venga finalmente data attenzione costante e continuativa alle troppe situazioni di conflitto più o meno latenti in atto nell’intero pianeta che causano morte e sofferenza a milioni di persone, riflettendo a livello personale e comunitario sulle cause che generano i conflitti.
In particolare, va messa in rilievo la stretta relazione tra mercati finanziari, interessi economici, guerre e povertà, come emerge chiaramente dalle pagine del volume “Mercati di guerra”, realizzato lo scorso anno, insieme a Famiglia Cristiana e Il Regno. I mercati, e le varie forme di scambio di beni e servizi, diventano sempre più parte attiva nell’alimentare le guerre oggi combattute nel pianeta. Un ruolo assunto da tutti i mercati, da quelli della finanza internazionale a quello, più tangibile e diretto, del commercio di armamenti. Tornando allo specifico del conflitto siriano, dopo oltre due anni e mezzo e più di 100.000 morti, deve essere per tutti una priorità la ricerca del dialogo e di una soluzione negoziata. Siamo fermamente convinti che se si vuole la pace si deve essere “costruttori di pace”, attraverso strumenti che non possono essere diversi dalla stessa pace: l’incontro, il confronto,
il dialogo.
Dal 24 al 30 agosto scorso, insieme al responsabile dell’area internazionale, Paolo Beccegato, e a Silvio Tessari, capo ufficio Medio Oriente e Nord Africa, ho visitato le comunità che accolgono i rifugiati siriani in Giordania, come segno di vicinanza e di incoraggiamento a tutte le Caritas del Medio Oriente, a partire da quelle della Giordania e di Gerusalemme, ed ho toccato con mano la sofferenza di questa popolazione.
Caritas Italiana ha sostenuto fin dai primi momenti della crisi le Caritas della Siria e dei Paesi limitrofi e ha lanciato una specifica campagna, “La Siria grida pace”. In coordinamento con la rete internazionale Caritas, sono stati messi a disposizione finora 550.000 euro alle Caritas di Siria, Giordania, Libano e Turchia per interventi di assistenza di base (viveri, vestiario, medicine), con attenzione anche al supporto psicologico-relazionale delle fasce più deboli. La sola Caritas Siria, che riesce ancora ad operare in sei regioni del Paese, assiste migliaia di sfollati indipendentemente dal loro credo religioso grazie alla collaborazione di molti volontari e di tutte le strutture della Chiesa attive nel Paese.
Caritas Siria si è trovata a gestire rapidamente una situazione imprevista, attivando una prima rete di aiuti di urgenza a favore di oltre 500 famiglie nelle città di Homs e di Aleppo. In seguito, è stato necessario selezionare le priorità ed elaborare un nuovo piano per le persone più vulnerabili in tutto il Paese. Sta ora assistendo 1.600 famiglie, circa 10.000 persone, nelle regioni di Damasco (600 famiglie), Aleppo (400 famiglie), Homs (200 famiglie), Hassakeh (100 famiglie) e nella Zona del Litorale (300 famiglie). Ha deciso di concentrarsi sulla distribuzione di materiali per affrontare l’inverno (vestiario invernale, coperte, combustibile per il riscaldamento, stufe…) e sulle cure mediche. Il costo totale di tali interventi ammonta ad € 603.760.
Il lavoro, sostenuto dall’intera rete Caritas, è condotto in collaborazione con le organizzazioni musulmane – aspetto altamente significativo per ricreare condizioni di convivenza fra le varie entità religiose del Paese – e si è attivata una crescente rete di volontari che operano in condizioni di grande pericolo e difficoltà. Caritas Siria ha, inoltre, rivolto un appello specifico a Caritas Italiana di 200.000 euro per il sostegno con viveri, medicinali e sistemazioni abitative per 1.800 famiglie di Homs (circa 9.000 persone), da settembre 2013 ad agosto 2014. Anche nei Paesi limitrofi l’impegno della Caritas è costante.
Libano
Caritas Libano ha lanciato il primo appello di emergenza nell’aprile del 2012 per prendersi cura di oltre 12.000 persone (con distribuzione di viveri, prodotti igienici, coperte). La spesa prevista (€ 1.200.000) è stata però finanziata solo per il 65%. Un secondo appello di € 1.786.000 per circa 15.000 persone è partito nel settembre scorso ed è stato interamente aggiornato a fine giugno 2013, arrivando ad € 1.803.533. Finora risulta coperto solo per il 24%. La dispersione dei profughi in quasi tutto il territorio rende le operazioni più complicate, anche se Caritas Libano può contare su una rete diffusa di volontari e su una quasi totale libertà di azione.
Turchia
Caritas Turchia si è occupata di centinaia di profughi che sopravvivono ad Istanbul e in altre località senza alcuna risorsa e ha collaborato con le autorità per i casi più vulnerabili.
È stato elaborato un progetto di assistenza per circa 15.000 profughi con generi di prima necessità (alimentari, coperte, vestiario invernale, carbone…) e cure mediche (visite specialistiche, medicinali…) ed un servizio di counselling e di orientamento sociale volto a diffondere informazioni relative allo status giuridico e ai diritti dei profughi.
Sarà, inoltre, offerto un sostegno speciale, che comprende anche la possibilità di alloggio, ad un massimo di 100 famiglie in condizioni di particolare vulnerabilità (mamme sole con bambini, famiglie numerose o con disabili, anziani…). Il progetto prevede una durata di 12 mesi, per un costo complessivo di € 985.000.
Giordania
Caritas Giordania ha risposto con grande rapidità, concentrando tutto il suo staff nei campi profughi allestiti dal Governo, in condizioni logistiche disagevoli, in pieno deserto.
Gli appelli sono stati in parte finanziati dalle Nazioni Unite e da rapporti diretti con alcune Caritas Europee. A Caritas Italiana è stato rivolto un appello di € 160.000 per 4.000 persone. Finora è stato possibile contribuire con l’allestimento di un piccolo centro a Zafraq, a pochi km dal confine, per assistenza sanitaria e sostegno psicologico alle fasce più colpite della popolazione, specialmente donne e bambini. 50.000 euro sono stati, inoltre, messi a disposizione per la logistica dei numerosi volontari e per la formazione professionale dei rifugiati siriani.
Che fare?
La solidarietà, gli aiuti, il sostegno ai tanti progetti avviati rappresentano, senza dubbio, un modo per stare accanto alla popolazione siriana. Ma non basta.
Un altro ambito di impegno della Chiesa universale – come ci ha dimostrato Papa Francesco – è collegato al suo ruolo di denuncia e richiamo delle istituzioni e dei vari attori protagonisti della guerra in Siria e di tutte le guerre nel contesto globale. Combattere le speculazioni e costruire un mondo più giusto, fondato su valori etici rinnovati, appare la strada maestra per fornire una risposta alle migliaia di persone coinvolte dalle guerre e dai conflitti nel mondo. Nello specifico del livello macroeconomico, a sua volta strettamente correlato alle decisioni dei Governi e della Comunità internazionale, appaiono particolarmente urgenti la necessità di una regolamentazione dei mercati finanziari e della fiscalità, il rispetto della legalità e dell’eticità negli scambi commerciali, la regolamentazione su base etica dei rapporti debitori tra Stati, la sostenibilità ambientale e sociale.
L’impegno della Chiesa riguarda, infine, anche il livello di responsabilità personale dei credenti, che apre all’orizzonte nuove sfide ed interessanti prospettive, soprattutto sul piano informativo ed educativo, a partire dal rilancio del ruolo di informazione democratica e responsabilizzante che può essere svolto dai media. (
http://www.socialnews.it/articoli/9492)
Don Francesco Soddu
Direttore di Caritas Italiana