Il prestigioso istituto di ricerca statunitense lancia l'allarme: la guerra contro il terrorismo distoglie l'attenzione dalle cause dell'instabilità globale. Oltre 434 milioni di persone non hanno accesso all'acqua. In due miliardi subiscono la fame. E le malattie infettive fanno ogni anno milioni di vittime
La povertà, la malattia e il degrado dell'ambiente sono i componenti del vero asse del male. Lo ha affermato a Washington il presidente del Worldwatch Institute, Christopher Flavin, presentando il rapporto sullo Stato del mondo 2005. Il rapporto, un libro di 237 pagine, lancia un allarme: la guerra contro il terrorismo sta distogliendo l'attenzione del mondo dalle cause centrali dell'instabilità globale, che sono «l'interazione pericolosa tra la povertà, le malattie infettive, il degrado dell'ambiente e la concorrenza sempre più acuta per petrolio e altre risorse». Se a queste si aggiunge la diffusione delle armi, si hanno le condizioni ideali in cui prosperano «l'instabilità politica, il conflitto armato e gli estremismi», si legge nel rapporto di Worldwatch, un'ong di ricerca sull'ambiente e la politica sociale statunitense.
«Se queste minacce non verranno riconosciute e affrontate - afferma Flavin - il mondo correrà il rischio di essere colpito, senza aspettarselo, dalle nuove forze dell'instabilità, esattamente come gli Stati Uniti furono sorpresi dagli attacchi terroristici dell'11 settembre». Nell'introduzione, Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell'Urss e fondatore dell'associazione ambientalista Green Cross, chiede una «Glasnost globale: apertura, trasparenza e dialogo pubblico e una politica di impegno preventivo». Il rapporto del Worldwatch è composto di capitoli dedicati alle pressioni destabilizzanti che richiedono le più urgenti risposte.
Petrolio-dipendenti
È un fattore che alimenta «rivalità geopolitiche, guerre civili e violazioni
Bambini in cerca di cibo
dei diritti umani». La sicurezza economica dei paesi fornitori, si legge nel rapporto, e consumatori è soggetto alle fluttuazioni di offerta e prezzo. Da non dimenticare anche che il petrolio mette a repentaglio la stabilità climatica e pone, quindi, gravi rischi alla salute.
Guerre d'acqua
Mentre gli accordi internazionali hanno dato la via alla cooperazione per risolvere i conflitti tra Stati confinanti, all'interno dei paesi le condizioni di siccità provocano conflitti civili. Nel mondo 434 milioni di persone vivono in condizioni di scarsità d'acqua.
Insicurezza alimentare
Nel mondo, rileva Worldwatch nel suo rapporto, quasi due miliardi di persone subiscono la fame e cronici scompensi di nutrizione. La sicurezza alimentare è spesso compromessa da fattori come la scarsità d'acqua, la distribuzione della terra, la povertà e il degrado ambientale. Le minacce alla sicurezza alimentare sull'orizzonte comprendono il clima, la perdità di diversità nelle specie animali e vegetali, l'aumento di malattie da cibi e il bioterrorismo alimentare.
Malattie infettive
Il rapporto parla delle malattie individuate di recente e del riemergere di vecchie malattie. Tra 34 a 46 milioni di persone sono sieropositive o malate di Aids, soprattutto nei paesi meno sviluppati del mondo. «Le guerre del XX secolo, tutte insieme, hanno fatto circa 1,1 milioni di morti. Oggi le malattie trasmettibili stanno uccidendo 14 volte quella cifra ogni anno.
Un mondo disoccupato
In oltre 100 paesi in via di sviluppo si registra un'enorme crescita delle giovani generazioni e le persone comprese tra 15 e 29 anni rappresentano più del 40% di tutti gli adulti. I posti di lavoro sono particolartmente scarsi in aree come il Medioriente e nell'Africa sub-sahariana, dove il 21-26% dei giovani è disoccupato.
Vie d'uscita
La ricetta di Worldwatch per far fronte alle «cause di fondo dell'insicurezza mondiale» comprende le seguenti proposte: Rafforzare e ampliare la cooperazione internazionale, il che implica l'attuazione di riforme nel sistema delle Nazioni Unite. Finanziare i Millennium development goals stabiliti per il 2015 dai paesi membri dell'Onu nel 2000 e gli obiettivi fissati dal vertice sullo sviluppo sostenibile (Johannesburg, 2002). Sostenere e rafforzare la pratica di peacemaking ambientale, cioè gli accordi a livello regionale su questioni che interessano l'ambiente, come i fiumi e i mari.
La Nuova Ecologia, 13 gennaio 2005