Accuse alla guerriglia islamica: ruba gli aiuti internazionali. Gruppi religiosi da tutto il mondo: preoccupa il proselitismo
GIAKARTA - Il governo indonesiano apprezza gli sforzi internazionali per soccorrere le popolazioni colpite dal terremoto e dal maremoto del 26 dicembre nella provincia di Aceh, nel nord di Sumatra, però manda un segnale preciso. I militari stranieri se ne devono andare entro 90 giorni, e anche a soccorritori e giornalisti vengono imposti limiti: devono registrarsi e comunicare i loro spostamenti, se non lo fanno rischiano di essere espulsi dall'Indonesia.
ACEH - Nell'ex sultanato di Aceh è attiva dal 1989 una guerriglia indipendentista guidata dai fondamentalisti islamici, che negli ultimi tempi sono stati accusati anche di ottenere finanziamenti da Al Qaeda. I vari regimi indonesiani hanno inviato 40 mila militari per reprimere duramente la guerriglia (conosciuta sotto la sigla Gam, guidata da un gruppo dirigente che ha trovato rifugio in Svezia). Gli scontri hanno provocato almeno 15 mila vittime, specie tra la popolazione civile. Nel maggio 2003 il governo ha abbondanato gli accordi di pace e imposto la legge marziale: la provincia è stata sigillata e nessuno straniero, tanto meno i giornalisti, può andare a vedere cosa succede. È stata fatta un'eccezione solo dopo il disastro di Santo Stefano, ma sono passati alcuni giorni prima che Giakarta desse i permessi per i soccorsi stranieri, impedendo in questo modo di poter salvare molte vite. Nei giorni scorsi si è avuta notizia della ripresa degli agguati, dopo un'effimera tregua che ha retto solo negli istanti immediatamente seguenti alla sciagura. La tregua è stata prorogata martedì dal governo indonesiano. I ribelli hanno accettato la proposta, dicendo di sperare che il governo mantenga la parola data, come riportato dal sito internet dell'Agenzia Onu delle nazioni e dei popoli non rappresentati. Il generale indonesiano Endriartono Sutarto ha accusato il Gam di dirottare gli aiuti umanitari verso le zone controllate dalla guerriglia. «Se ci chiudono aiuti glieli diamo, ma non in questo modo».
ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE - Uno dei motivi della decisione del governo indonesiano di limitare gli spostamenti delle organizzazioni non governative straniere può essere dovuto a una notizia riportata dall'agenzia Reuters. Gruppi religiosi di tutto il mondo sentendosi responsabilizzati anche dall'appello del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, che ha chiesto «una risposta umanitaria senza precedenti», hanno raccolto aiuti per Aceh ma sono anche arrivati nella provincia, specie nel suo capoluogo Banda Aceh, facendo temere una campagna di proselitismo. Tra le associazioni presenti, la Chiesa di Scientology, quaccheri, mormoni, evangelici, gruppi di assistenza ebraici come B'Nai Brith, associazioni radicali islamiche (queste ultime provvedono alla «guida sprirituale» ai sopravvissuti). A Banda Aceh è sorta una città tendata realizzata da circa 60 gruppi internazionali e 1.125 soccorritori di ogni parte del mondo. Anche il Concilio indonesiano dei mujahideen (Mmi) e il Fronte dei difensori dell'islam, che vorrebbero trasformare l'Indonesia, il più popolato Stato musulmano, in una nazione governata dalla legge islamica, hanno mandato propri militanti tra le tende di Banda Aceh per distribuire aiuti, cibo e «conforto religioso». Alwi Shihab, ministro degli Affari sociali indonesiano, ha dicharato che né i gruppi di soccorso degli integralisti islamici né quelli dei cristiani evangelisti costituiscono un problema: «Gli ho incontrati, il loro unico scopo sono gli aiuti umanitari», ha detto il ministro. «Non penso che i cristiani facciano proselitismo religioso».
Paolo Virtuani
Corriere della Sera, 12 gennaio 2005