Sono 311 i corpi finora recuperati a Lampedusa in seguito alla tragedia della scorsa settimana. Il numero delle vittime tuttavia non è ancora definitivo. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha appreso dai superstiti che sarebbero tra 50 e 70 i corpi delle persone ancora da recuperare. Le 311 vittime confermate rendono comunque questa tragedia una delle più gravi degli ultimi anni.

L'UNHCR ha accolto con favore le dichiarazioni e le azioni compiute questa settimana dalla Commissione Europea e da alcuni stati europei sulla necessità di prevenire simili tragedie in futuro. Solo una risposta organica e collettiva al disastro di Lampedusa - che tenga in debita considerazione la situazione dei paesi dai quali le persone sono costrette a fuggire e lungo le rotte dell'asilo, la traversata in mare e gli interventi prima e dopo l'arrivo – potrà ridurre tale rischio. Senza tutto questo non potranno non verificarsi ancora tragedie come quella di Lampedusa.

Il fenomeno di persone che viaggiano su piccole imbarcazioni attraverso il Mediterraneo dirette in Europa ha luogo ormai da tempo e coinvolge questioni relative all'asilo ma anche alle migrazioni. Coloro che si trovavano a bordo dell'imbarcazione naufragata a largo di Lampedusa erano quasi tutti di nazionalità eritrea e molti probabilmente sono bisognosi di protezione internazionale. Tra i sopravvissuti vi sono persone che in precedenza sono state nel campo di rifugiati di Shagarab, nell'est del Sudan, e in quello di Mai Aini, nel nord dell'Etiopia. La rabbia che ha fatto seguito alle morti di Lampedusa sembra essere tra le cause dei disordini dello scorso fine settimana nel campo di Mai Aini, nei quali è rimasta uccisa una persona.

L'UNHCR ha valutato favorevolmente anche la dichiarazione resa mercoledì scorso dal Presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Durao Barroso, sulla necessità di intraprendere misure urgenti che mirino, tra l'altro, al rafforzamento della capacità di soccorso in mare e a una migliore sorveglianza per intercettare le imbarcazioni.

È importante che vengano utilizzati tutti i mezzi disponibili per attenuare le cause che costringono i rifugiati alla fuga dai loro paesi d’origine. È inoltre necessario fornire maggiori informazioni sui rischi degli spostamenti irregolari via mare verso l'Europa ma anche incrementare la raccolta e condivisione di informazioni sulle rotte e i mezzi che le persone utilizzano nella loro fuga.

È infine fondamentale migliorare le attività di soccorso in mare e i meccanismi di accoglienza dopo lo sbarco, compreso il miglioramento di strutture come quella di Lampedusa, in questi giorni gravemente sovraffollata.

L'UNHCR ritiene che una più ampia condivisione delle responsabilità tra gli stati membri dell'Unione Europea potrebbe contribuire a migliorare l'esame delle domande d'asilo, il perseguimento di soluzioni durature per le persone bisognose di protezione internazionale e il ritorno assistito per coloro che non ne hanno più necessità.

L'Agenzia si dichiara inoltre pronta – in collaborazione con le organizzazioni non governative partner e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) – ad assistere tutti gli stati nella ricerca di soluzioni comuni ai problemi che sono all'origine dell'incidente della scorsa settimana a Lampedusa. (http://www.unhcr.it/news/dir/22/view/1594/mediterraneo-rischio-di-nuove-tragedie-in-mare-159400.html)

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