Roma. La massiccia mobilitazione politica dimostrata per la questione delle armi chimiche in Siria ed enfatizzata dal Premio Nobel per la Pace assegnato all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), deve essere immediatamente applicata all’accesso umanitario, ricorda oggi l’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF).

Molte zone della Siria restano interamente sotto assedio, tagliate fuori dall’assistenza umanitaria, sia perché l'accesso è bloccato dalle autorità di Damasco sia per l'intensità dei combattimenti. Ad esempio, nei sobborghi orientali e occidentali di Ghouta, Damasco - zone visitate dagli ispettori dell’ONU - i medici stanno segnalando una elevata carenza di farmaci e casi di malnutrizione dovuti alla mancanza di cibo, ma finora non sono stati raggiunti da aiuti.

“Il popolo siriano si trova ora nell’assurda situazione di vedere gli ispettori guidare liberamente attraverso aree dove invece le ambulanze, le forniture di alimenti e di farmaci da parte delle organizzazioni umanitarie sono bloccate”, dichiara Christopher Stokes, direttore generale di MSF . “I paesi più influenti si sono riuniti intorno a un tavolo, hanno raggiunto un accordo sulle armi chimiche e lo hanno messo in pratica. Se hanno dimostrato che si può fare, allora perché non replicano questo successo per la questione dell’assistenza umanitaria?”

La paralisi dell’assistenza umanitaria non è limitata alle aree sotto assedio. Nel governatorato di Aleppo, diversi giorni di intensi bombardamenti a Safirah e Abu Djirin , oltre che sui campi sfollati della zona, hanno costretto 18.000 famiglie a fuggire per salvarsi. MSF ha curato 20 feriti gravi, tra cui molti bambini, ma l'accesso alle famiglie sfollate è stato impossibile a causa dei continui bombardamenti.

La volontà politica sulla questione delle armi chimiche ha portato rapidamente a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvato all'unanimità e ha dato modo agli ispettori di visitare zone sotto assedio da mesi. In netto contrasto, la mancanza di mobilitazione politica sull'accesso umanitario lascia intere zone di Aleppo e della periferia di Damasco tagliate fuori dall’assitenza, mentre le forniture mediche essenziali vengono sistematicamente bloccate e non possono attraversare la linea del fronte.

Il dispiegamento di personale internazionale, una questione problematica per le organizzazioni umanitarie fin dall'inizio del conflitto, è stato relativamente semplice per lo staff ONU/OPAC, dato che in poche settimane sono arrivati in Siria da 50 a 100 ispettori. Al contrario, dopo due anni e mezzo di guerra, lo scorso marzo Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha dovuto dimezzare il proprio personale e non è ancora stato in grado di ripristinarlo.

“MSF riconosce la gravità dell'uso di armi chimiche e l'estrema importanza del lavoro degli ispettori dell'OPAC ma il rapido dispiegamento degli ispettori ha creato un precedente. Per questo motivo la dichiarazione del Consiglio di Sicurezza in materia di assistenza umanitaria dello scorso 2 ottobre deve essere attuata con effetto immediato”, prosegue Stokes . “MSF chiede dunque alle autorità di Damasco, ai gruppi di opposizione e ai paesi che stanno avendo un ruolo nel conflitto, di permettere agli operatori umanitari di lavorare in modo sicuro e senza ostacoli, in modo tale che l'assistenza umanitaria possa raggiungere quelle zone della Siria che ne hanno un disperato bisogno”. (www.medicisenzafrontiere.it)

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