Le repliche dei film vincitori Silent Chaos e Le savoir est une Lumiere hanno concluso la settima edizione del festival bolognese. Sei giorni di caleidoscopico racconto del Sud del mondo, con 44 film proiettati per più di 5.000 spettatori. Una rassegna che continua a raccontare la complessità sociale, le discriminazioni e quella parte di mondo che i media mainstream si limitano a definire povera.
Il racconto della società congolese in perenne bilico sul conflitto tramite le parole, in gesti, delle persone sordomute, e la realtà storica del colonialismo tradotta in una documentazione del sistema scolastico del Burkina Faso, tra lingue e identità. Sono stati due film sull’Africa a vincere i premi come migliore produzione italiana e internazionale del settimo Terra di Tutti Film Festival, rassegna di documentari e cinema dal Sud del Mondo organizzata dalle ong COSPE e GVC. Due film che rispettano appieno lo spirito del festival: scavalcare gli stereotipi di rappresentazione dei media mainstream per raccontare la complessità della realtà sociale nei Paesi Terzi, trovare quel Sud del Sud, i rifiutati e i discriminati nelle situazioni di crisi e di conflitto che necessitano di più voce.
Secondo le motivazioni della giuria di qualità del festival è stata proprio la capacità di raccontare il doppio svantaggio delle persone sordomute in Africa, discriminate dalla propria famiglia prima ancora che dalla società, a premiare Silent Chaos di Antonio Spanò come miglior film italiano. È invece Le Savoir est une lumiere, di Noémie De Pas e Tit Brecelj, il vincitore del premio attribuito dal Consiglio degli stranieri e apolidi della Provincia di Bologna per la miglior pellicola prodotta all’estero. Lo storico premio in memoria dell’agronomo e cooperante Benedetto Senni è stato conferito a Pecheurs de Sable, lucido racconto dei volti e del lavoro intorno a un tratto del Niger messo in pericolo dallo sviluppo incontrollato.
Due le ulteriori menzioni attribuite alle pellicole italiane: Kosovo vs Kosovo, di Valerio Bassan e Andrea Legni, assieme a Il Rifugio, di Luca Cusani e Francesco Cannito, segnalati per la capacità di attualizzare temi vicini e scomodi come il post-conflitto in Kosovo e la vita nei CIE. La menzione Fairtrade Italia, dedicata al consumo responsabile, ha invece premiato il documentario di Anne Poiret Inside Apple, sguardo critico sulla filiera cinese di assemblaggio degli iPhone. L’attenzione per i valori cooperativi propria di Emil Banca ha invece premiato Storie di Alpaqueros, del bolognese Miko Meloni.
La sei giorni d’incontri e proiezioni si è conclusa con un bilancio positivo: 5.000 spettatori per 44 titoli in proiezione, e tre location della città coinvolte. “L’affluenza del pubblico e il suo entusiasmo per la programmazione ci fanno capire che stiamo procedendo nella direzione giusta, ”-dicono i direttori artistici del festival Stefania Piccinelli e Jonathan Ferramola-“Bologna resta sempre una piazza sensibile ai temi che proponiamo, dalle disuguaglianze alla condizione dei migranti, passando per i problemi di natura ambientale”.