«Continuano ad esserci tragedie figlie del saccheggio sistematico del nostro Bel Paese». Con il Vajont nacque la geologia applicata di cui fu precursore Edoardo Semenza, il geologo che non fu ascoltato. Semenza vide la frana molto prima della tragedia ed allertò subito chi doveva essere allertato ma non fu preso in considerazione. Nessuno volle guardare. Nessuno volle approfondire: la geologia, l’ambiente fisico, le condizioni al contorno erano poca cosa rispetto agli interessi economici in gioco. Ancora oggi troppo spesso la geologia è poca cosa rispetto agli interessi economici in gioco.
La domanda più ovvia che possiamo porci è se quella tragedia sia servita, se dopo 50 anni si sia fatto tesoro di quel che è successo. A giudicare dallo stato in cui versa il territorio italiano si dovrebbe dire di no; dopo il Vajont la storia italiana ci racconta di troppe altri morti e distruzioni, che negli ultimi tempi sembrano diventare persino frequenti. Dal 2009 ad oggi, negli ultimi 5 anni, dai 37 morti di Giampilieri, assistiamo con una frequenza allarmante ad alluvioni e frane, che coinvolgono il Paese da Nord a Sud, senza risparmiare città importanti, ricche e industrializzate come Genova, aree altrettanto ricche e industrializzate come il Veneto, aree di grandi tradizioni storiche e culturali e di grande bellezza paesaggistica come la Toscana.
Queste tragedie non sono figlie degli errori della scienza, ma dell’incuria e del saccheggio sistematico del nostro bel Paese, che non è in grado di darsi una prospettiva di futuro che vada oltre i problemi della finanza e dell’economia.
E’ evidente che questo Paese ha necessità di uno sviluppo diverso che guardi alla cura del territorio tra le sue priorità. Noi geologi lo diciamo ormai da troppo tempo.
Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi
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