Il mantra del momento è uno solo: tagliare la spesa pubblica per trovare le risorse necessarie per abbassare il cuneo fiscale. Però si continua a guardare al problema solo dal punto di vista delle urgenze nazionali del momento invece di considerarlo da una prospettiva internazionale più ampia.

Gli economisti internazionali hanno coniato il termine di “beggar-thy-neighbour” per spiegare cosa accade quando un paese cerca di migliorare la propria competitività riducendo i salari interni. La riduzione dei salari interni contrae la domanda interna ed internazionale e i paesi esteri ricevono un doppio effetto negativo (“beggar-thy-neighbour” è la traduzione inglese del rubamazzo e dunque significa “crea un danno al tuo vicino”). Seppure la riduzione del cuneo attraverso tagli di spesa è una versione più sofisticata di riduzione della domanda interna sempre si tratta.

Se tutti si comportano in questo modo quello che accade è una spirale al ribasso del costo del lavoro e della capacità di spesa che finisce per produrre forti effetti recessivi. Il gioco invece di essere “win-win” diventa “lose-lose”. Quello di cui avremmo bisogno è invece uno stimolo coordinato a livello internazionale delle domande interne, soprattutto da parte dei paesi che hanno forti surplus della bilancia commerciale e delle partite correnti.

A chi giova l’attuale miope politica? Forse alle aziende globali che devono realizzare profitti sempre maggiori. Non certo ai cittadini e agli stati che si trovano di fronte all’imperativo impossibile di sostenere i consumi con salari decrescenti e ricorrono sempre più spesso all’artificio del debito pubblico o privato. I debiti crescono, l’economia depressa non si risolleva e la sostenibilità del debito peggiora invece che migliorare.

Per evitare che la paralisi della cooperazione tra stati porti al collasso le banche centrali stanno svolgendo un ruolo di supplenza inondando l’economia di liquidità a basso prezzo (anzi quasi a prezzo nullo). Ma la supplenza è un sostituto pallido ed imperfetto del coordinamento delle politiche fiscali degli stati nazionali che auspichiamo.

Infatti la liquidità viene pompata nell’acquedotto pieno di buchi della finanza internazionale e si perde in mille rivoli speculativi. Prova ne è il fatto che i mercati finanziari sono già tornati ai massimi pre-crisi mentre le economie reali non si sa se mai vi torneranno. Sperando che presto la razionalità della cooperazione internazionale prevalga, l’unica cosa possibile dal basso è spingere per la riforma della finanza internazionale per far sì che l’intervento di supplenza delle banche centrali sia meno imperfetto possibile.

Tassa sulle transazioni, ripristino della separazione tra banca commerciale e banca d’affari, regolamentazione severa della finanza derivata e lotta ai paradisi fiscali sono quattro imperativi per spostare le risorse dalla sloteconomy di banche, imprese dedite solo al risiko della finanza a breve verso l’investimento più lento e faticoso nell’economia reale. (http://felicita-sostenibile.blogautore.repubblica.it/)

Leonardo Becchetti

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