A Lampedusa si è consumata la più grande strage annunciata di profughi nel Mediterraneo. Centinaia di morti, tutti misteriosamente invisibili ai potenti radar che vigilano sulla nostra ‘difesa’ e sulla nostra ‘sicurezza di italiani’.
Ma la sicurezza non è un diritto individuale, non può avere ‘limiti territoriali e culturali di garanzia’ se vuole essere effettiva. Le sue vere radici stanno nella pace, nella solidarietà, nell’inclusione, nel rispetto delle diversità e nella valorizzazione delle differenze.
Di questo sono consapevoli le ong e le associazioni dell’Aoi, impegnate nella solidarietà e cooperazione internazionale, che, dando voce alle vittime di Lampedusa, chiedono di mettere la parola fine a queste tragedie, intervenendo sulle cause oltre che sui tragici effetti.
Queste cause hanno nomi conosciuti: guerre e violenze, diritti calpestati e violati, xenofobia, intolleranza, devastazione ambientale.
Come organizzazioni di Aoi, continueremo nel nostro lavoro, spesso volontario, di assistenza e sostegno alle vittime civili nei loro Paesi, dal Medio Oriente, al Corno d’Africa fino al Sahel.
Per loro e insieme a loro pretenderemo che, nei mari che attraversano e nelle terre che raggiungono, i profughi ricevano aiuto e accoglienza, abbiano riconosciuta la cittadinanza, per garantire giustizia e diritti, a partire dal più importante, il diritto alla vita. Ce l’ha ricordato anche ieri Papa Francesco I, con le sue parole di dolore e denuncia; ce l’ha dimostrato un altro Francesco, pescatore di Lampedusa, ben più ‘umano’ e responsabile di quei parlamentari leghisti che ancora una volta hanno dimenticato le radici democratiche della nostra Costituzione.
Al governo italiano chiediamo:
- la cancellazione dell’obbrobrio giuridico della Legge Bossi-Fini
- la chiusura dei CIE e l’attivazione da subito di misure e strumenti necessari a garantire ai profughi accoglienza dignitosa e rispettosa dei loro diritti, con il coinvolgimento delle istituzioni locali e della società civile impegnata su questi temi
- la sospensione di tutti gli accordi bilaterali sottoscritti con i Paesi del Nord Africa, a cominciare dalla Libia, per inchiodarli alle loro oggettive e dirette responsabilità politiche
- la conferma dell’impegno ,rilanciato nel 2013 dal Ministro per la Cooperazione e l’Integrazione Riccardi e ribadito dall’attuale Ministro degli Esteri Emma Bonino, di garanzia e certezza dei fondi per la cooperazione internazionale e per l’aiuto umanitario nelle aree di crisi
Il dramma dei profughi non è un ‘affaire’ della gente di Lampedusa o di Otranto, dell’Italia o dei Paesi meridionali del continente. Il progetto di un’autorevole Europa unita, democratica e allargata deve passare dall’assunzione comune di responsabilità verso il Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa.
L’Europa deve:
- farsi promotrice dell’apertura di un corridoio umanitario per i profughi siriani e per quanti arrivano dai Paesi del Corno d’Africa e dal Sahel
- promuovere politiche e misure coerenti tra loro, per un’effettiva cooperazione , di pace, integrazione e inclusione, aprendo, dopo l’Est, altri confini di terra e di mare per non continuare e guardare muta e impotente il consumarsi di tragedie immani
Ci uniamo a Don Ciotti, nella proposta di convocare un Consiglio d’Europa a Lampedusa, come fatto non simbolico, ma di grande valenza politica. (
http://www.arciculturaesviluppo.it/blog/2013/10/04/aoi-dopo-la-strage-di-lampedusa-litalia-e-leuropa-devono-invertire-la-marcia/)