In bilico tra la proposta della Commissione Ue e lo scetticismo del governo italiano. Attorno alla tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), oltre il dibattito spesso cacofonico della comunicazione italiana mainstream, le novità più frizzanti si respirano sul fronte europeo. A inizio mese gli advisor legali del Consiglio Europeo, rispondendo a una richiesta formale di uno degli Stati membri, hanno evidenziato con un parere non vincolante alcune perplessità legali su un solo comma della direttiva Semeta, la proposta commissario europeo alla Fiscalità attorno alla quale gravitano le trattative per la TTF all’interno dell’orbita europea.

Il punto in questione è delicato e cruciale per le misure di elusione dell’imposta e il contrasto alla rilocazione del trading business. Riguarda il principio di residenza su cui si basa l’imponibilità della TTF europea a 11. Oggetto della contestazione legale è la possibilità prevista dalla direttiva di estendere la giurisdizione della TTF oltre lo spazio fiscale degli 11 paesi aderenti alla cooperazione rafforzata, considerando controparti delle transazioni soggette alla TTF anche quelle istituzioni finanziarie registrate fuori dall’area TTF che entrano in una transazione con una controparte europea nell’area coperta dalla tassa. Una banca di Londra che acquista un titolo Fiat da una banca tedesca è così secondo il disegno della Commissione considerata “established” in Germania. Va ricordato che il principio di residenza è potenziato dal principio di emissione (quello di residenza è prevalente). Così se una banca inglese vende lo stesso Fiat a una banca cinese, le due istituzioni finanziarie sono considerate “established“ in Italia, paese di emissione del titolo.

La posizione non vincolante del Council for Legal Services del Consiglio Europeo è stata immediatamente contestata dagli esperti legali della Commissione Europea. Fonti del MEF tedesco hanno fatto inoltre trapelare come la Germania (uno dei promotori di maggior traino della proposta europea) non considerino il parere come motivo di rallentamento dei negoziati.

E la stampa nostrana? Titoli altisonanti sull’illegalità manifesta della TTF europea, poche, pochissime righe dedicate alle repliche e alle rassicurazioni della Commissione.

Dunque a che punto siamo? Uno strumento di riforma della finanza valido e ben disegnato è oggetto di un vivo negoziato europeo. In Italia (e in Francia) entra nel frattempo in vigore una tassa dal disegno debole e con molte lacune che verrebbe comunque armonizzata dalla TTF europea a 11 al momento della sua implementazione su scala regionale. Da una parte la Commissione Europea, convinta sostenitrice della proposta, dall’altra un Ministero delle Finanze, TTF-scettico, permeabile alle lobby e gruppi di interesse e poco intenzionato a rendere pubblico il proprio posizionamento nel negoziato europeo e – ancor più recriminabile – poco propenso alla popolarizzazione del tema e all’apertura alle osservazioni e istanze correttive della cittadinanza organizzata.

La battaglia per il rafforzamento della modesta tassa italiana e per l’implementazione di una solida misura anti-speculazione in Europa è aperta: una battaglia di civiltà a vantaggio dell’economia reale cui la finanza deve tornare a essere funzionale e dell’intera collettività.

di Mikhail Maslennikov, coordinamento della Campagna ZeroZeroCinque

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