Ulteriori tagli sarebbero insostenibili per la tenuta del sistema. L'allarme dai ricercatori dell'Università Tor Vergata di Roma che hanno presentato alla Camera il nuovo rapporto sanità. Calano anche gli investimenti (ma solo nel pubblico). La spesa si sposta sui cittadini, soprattutto nelle Regioni in "rosso". LE TAVOLE.

La spesa sanitaria italiana, considerando sia la componente pubblica che privata, è ormai tra le più basse d’Europa: quasi il 24% in meno rispetto alla media dell'Europa a 15, in sostanza la "vecchia" Europa, dove sono compresi, oltre all’Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia. Il dato è contenuto nell’IX Rapporto Sanità dell’Università di Tor Vergata di Roma, realizzato dal Ceis e dal Crea e presentato oggi alla Camera.

La spesa, il finanziamento e gli investimenti sono i tre principali filoni di interesse di questa edizione, coordinata come sempre dal professor Federico Spandonaro, che fornisce però anche una sorta di “Agenda” delle priorità del sistema affinché possa mantenere la sua “sostenibilità” e soprattutto risolvere ritardi e problemi ormai storici.

Che in estrema sintesi sono:

1. Non ridurre ulteriormente il finanziamento pubblico;
2. Sostenere gli investimenti pubblici pluriennali e in particolare quelli in prevenzione primaria, puntando molto su corretti stili di vita;
3. Ripensare il sistema non accantonando frettolosamente l’ipotesi dei ticket, che però andrebbero profondamente riformati;
4. Integrare la non autosufficienza nel SSN, ad iniziare dalle indennità di accompagnamento;
5. Promuovere politiche assistenzialirispettose della competitività industriale;
6. Definire le politiche industriali nazionali nel settore della Salute.

Spesa e finanziamento al palo

Nel 2011 la spesa sanitaria complessiva (pubblica e priovata) pro-capite in Italia è stata inferiore di circa il 23,9% rispetto ai Paesi appartenenti all’EU 15 (- 22,2 quella pubblica e - 29,4 quella privata). Con un'incidenza complessiva sul PIL che è ormai inferiore al 9% (fonte OECD). Un quadro negativo che si ritrova anche nella spesa pubblica per Protezione Sociale e - soprattutto - per Istruzione che in Italia è inferiore rispetto all’Europa (EU12): rispettivamente, di -6,44% e -26,95%. Ma la nona edizione del Rapporto rimarca anche come nel 2011, per il secondo anno di seguito, la spesa sanitaria pubblica diminuisca: in termini nominali del -0,7% (contro il -0,8% dello scorso anno). E in questo senso la privata cala più della pubblica. Al palo i finanziamenti. La crescita è piuttosto modesta, e nel 2011 quello reale (depurato dell’inflazione) registra rispetto al 2010 addirittura una diminuzione.

Investe solo il privato

L’Italia sembra essere propensa a effettuare investimenti strutturali in Sanità, ma a farlo è essenzialmente il settore privato (nel 2011 è a suo carico il 61,2% degli investimenti fissi in Sanità): lo scenario che si prospetta è quello di strutture pubbliche obsolete, e un settore privato sempre più “appealing”

Nelle Regioni in deficit i cittadini pagano sempre più di tasca propria

I disavanzi regionali diminuiscono, ma restano concentrati in poche Regioni (nel 2011 in Liguria, Lazio, Campania, Calabria e Sardegna si concentra l’87,21% del disavanzo nazionale)
Nelle Regioni “meno virtuose” (sottoposte a PdR), ad eccezione dell’Abruzzo, i cittadini pagano sempre più di tasca propria; aumentano le famiglie impoverite in Calabria (+7,8%), Lazio (+4,7%), Campania (+2,9%), Sicilia (+1,5%) e Sardegna (+0,9%), però si registra (nelle stesse Regioni a eccezione di Sardegna e Lazio) una notevole riduzione del numero di famiglie soggette a spese catastrofiche.

Personale mal distribuito

Con riferimento alle dotazioni organiche ospedaliere regionali: considerando come target gli indicatori delle Regioni "più virtuose" (le prime 3 con il minor numero di personale infermieristico per posto letto e le prime 5 con il minore rapporto medici per infermiere), l’organico non sembra omogeneamente distribuito. Gli scostamenti dal target sono decisamente rilevanti: +23% per il personale infermieristico nelle Regioni del Centro, e oltre il +30% per medici e odontoiatri (rispettivamente -34% e -31% nel Centro e nel Sud). Anche il Nord, se pur più “virtuoso”, dovrebbe ridurre infermieri e medici del -13% e -14%. Complessivamente si evidenzia un surplus di personale di infermieri e medici e odontoiatri, rispettivamente di circa 28.800 e 18.800 unità

Assistenza primaria: rivedere incentivi al settore

Lo sviluppo dell’assistenza primaria richiede conoscenza dei carichi di lavoro e corretti sistemi di remunerazione: contrariamente a quando ci si potrebbe attendere, l’impegno dei medici di medicina generale sembra maggiore per le classi di età centrali; i contatti degli anziani sono frequenti, ma spesso per esigenze “burocratiche”, come per la ripetizione delle ricette: gli incentivi nel settore vanno certamente rivisti.

Spesa farmaceutica sotto la media Ue

La spesa farmaceutica italiana pro-capite (€ 389,9) è sotto la media della spesa nei Paesi EU15 (nel 2011 registra un -14,5%, che diventa -21,4% standardizzando per età).

Diminuiscono le aziende farmaceutiche e gli occupati

Nel 2012, in Italia si riducono le aziende farmaceutiche (-5,0%) e gli occupati (-2,3%, pari a circa 1.500 addetti in un anno). Nell’ultimo decennio (dal 2002 al 2012) sono oltre 20.000 gli occupati in meno, e diminuisce anche il numero di occupati per azienda: dai 283,6 del 2002 ai 210,3 del 2012. Ciò significa che le aziende oltre ad essere di meno, sono anche di dimensioni inferiori. Anche l’innovazione farmaceutica ne risente: sempre nel 2012 diminuiscono gli addetti alla R&S (quasi l’1% in meno rispetto al 2011), il numero di brevetti prodotti (-27,1% nel 2010 rispetto al 2009) e gli investimenti in R&S (-1,6%). E anche l’indotto dell’industria farmaceutica (-4,4%). (http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=17128)

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