Intervista di Corrado Fontana a Stefano Zamagni pubblicata sul numero di Settembre di VALORI. Per colpa di una deformazione culturale, quando si usa la parola innovazione nel nostro Paese tutti fanno riferimento a quella tecnologica, a quella scientifica o a quella organizzativa, mai a quella sociale»: un vulnus sottolineato dal professor Stefano Zamagni e che la prossima edizione delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile (11-12 ottobre 2013) punta a superare. Perché secondo il docente di Economia politica dell’Università di Bologna, nonché ex presidente dell’Agenzia per il Terzo settore (chiusa nel 2012), in questa XIII edizione dell’evento, intitolata significativamente “Rigenerare le istituzioni”, è finalmente a portata di mano una riformulazione del modello di welfare di riferimento: «Le innovazioni possono essere di processo, di prodotto e di rottura (disrupting innovation). Queste ultime sono quelle di cui c’è bisogno oggi in generale in Italia e, particolarmente, nel Terzo settore. Nel comparto industriale tutti sanno di cosa si tratta: l’iPad è una innovazione di rottura, ad esempio. In ambito sociale innovazione di rottura vuol dire trovare i modelli di governance necessari per realizzare la sussidiarietà circolare».

Che cosa intende per sussidiarietà circolare?

È tempo di fare il passo decisivo mettendo la sfera degli enti pubblici e il blocco imprenditoriale e quello del Terzo settore in condizioni, non solo di dialogare, ma di progettare e gestire insieme tutta una serie di servizi nell’ambito del welfare, inteso in senso ampio (non solo sanità e assistenza ma tutto ciò che riguarda il benessere delle persone: quindi anche la cultura, i beni comuni). Bisogna creare per questo un modello teorico di governance che ancora non esiste al mondo, mentre esistono delle buone pratiche che, in questo caso, sono venute prima della teoria, e alcune si stanno realizzando in Italia: a Messina hanno creato un distretto sociale o del welfare, applicando la sussidiarietà circolare attraverso l’interazione tra le imprese (quelle che ci stavano), le cooperative sociali, una fondazione di comunità e l’ente locale, rappresentato dal Comune e dalla Provincia. A Padova c’è un’iniziativa simile realizzata con il Distretto di cittadinanza. Le Giornate di Bertinoro servono a sancire la legittimità di questa linea, che ciascuno potrà poi modulare a seconda della propria realtà locale; a tirare la volata e a fornire argomenti al policy maker pubblico. Non dobbiamo perdere questa opportunità.

Ma qualcosa si muove anche sul piano economico dei soggetti del Terzo settore...

Rispetto alla dimensione economico-finanziaria nel prossimo futuro verranno introdotte numerose novità, a cominciare dai così detti social bond. Si tratta dello strumento delle obbligazioni sociali che gli inglesi stanno applicando (vedi Valorimaggio 2013), ma l’idea è nostra: io per primo li ho inseriti nell’articolo 29 della mia legge nell’ormai lontano 1997 (Dlgs 460/1997). Inoltre c’è un progetto in corso tendente a riprendere in mano l’idea della Borsa sociale: lanciata circa quattro anni fa all’alba della crisi di governo, ora sta tornando in auge. Anche le imprese sociali devono avere un loro mercato di capitali dedicato, per scongiurare le forme di usura e le speculazioni... Bisogna trovare un canale adeguato e trasparente per permettere alle imprese sociali di trovare i finanziamenti, superando così la stretta del credito. (http://www.legiornatedibertinoro.it/news.cfm?id=168)

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