L’Alleanza delle Cooperative Sociali: oltre 9.600 cooperative imprese sociali aderenti, oltre 350.000 lavoratori occupati, quasi 7 milioni di cittadini serviti. 19 settembre, a Roma presso la Camera dei Deputati si è tenuta l'iniziativa "Rigenerare l'Italia" con cui l'Alleanza delle Cooperative Sociali Italiane ha rilanciato con forza un progetto di società, o per dirlo con le parole del portavoce Guerini, "un patto per rigenerare il Paese. Per risollevarlo dalle difficoltà in cui si trova, dopo anni di crisi economica ma, soprattutto, dopo anni in cui le divaricazioni enormi che si sono create stanno alimentando ingiustizia sociale, diseguaglianza, disaggregazione".

Ma mentre ufficialmente l'azione della cooperazione sociale è apprezzata, l'operato concreto dei Governi di fatto è andato in direzioni diverse. L'aumento dell'IVA per le prestazioni rese da cooperative sociali deciso dal Governo Monti è l'esempio più chiaro di politica di corte vedute con effetti distruttivi per la coesione sociale. Come ricorda Guerini, "in un colpo solo l’aumento dell’Iva sul welfare dal4 al 10% provocherebbe la perdita di lavoro di 42.800 persone, un buco nelle casse dello Stato di 645 milioni di euro e la perdita di servizi per 4,3 milioni di persone in stato di bisogno. "Effettivamente un capolavoro tecnico!"

E ormai vi sono poche possibilità per cambiare rotta, e se nella legge di stabilità o in altro provvedimento collegato non si provvederà, il 31 dicembre l'aumento dell'IVA sarà ineluttabile.

Le politiche di questi anni sono state definite sulla base di assunti di per sé fragili e inconsistenti, ma ripetuti fino a sfinimento come verità assolute: "Negli ultimi anni troppe volte abbiamo sentito ripetere come un mantra che occorreva mettere in sicurezza i conti pubblici per salvare il Paese. Mettere in sicurezza i conti ha sempre voluto dire prima e soprattutto tagliare i servizi di welfare… con l’effetto incredibile che negli ultimi 10 anni la spesa pubblica è aumentata ed i servizi sono stati tagliati.

A questo mantra è seguito quello dell’urgenza di rilanciare la crescita perché prima viene la ricchezza da produrre, e poi arriverà la mano pubblica a ridistribuire le risorse con i sistemi di welfare; il risultato è che, negli ultimi 20 anni, la ricchezza ha continuato ad accrescersi concentrandosi nelle mani di pochi, oppure ha presole strade dei paradisi fiscali o dei patrimoni concentrati, mentre di crescita e sviluppo se ne è visto poco.

Il terzo mantra è quello della concorrenza come valore assoluto, mentre è uno strumento ed è subordinata ad una serie di valori: la libertà, l’uguaglianza, la dignità personale, il diritto alla cura e all’educazione, il lavoro, la sicurezza, la solidarietà."

Se queste sono gli orientamenti, non stupisce la scelta di aumentare l'IVA sulle prestazioni delle cooperative sociali, non stupiscono scelte che mettono in secondo piano i bisogni sociali; accanto alle risorse, minime rispetto ad altri paesi europei e in diminuzione negli ultimi anni per quanto riguarda il welfare locale, si assiste a decisioni sorprendenti in campo fiscale, per cui "negli ultimi anni molti sono stati gli incentivi fiscali ... dalle auto ai frigoriferi, dai pannelli solari alle finestre, mentre detrazioni e deduzioni per le famiglie che investono nella cura dei loro cari: anziani, disabili o bambini… rimangono inchiodate su cifre quasi irrilevanti."

Mentre la politica non riesce a superare questi limiti, la cooperazione, come evidenziano anche gli ultimi dati Istat, ha fatto registrare "le performance migliori rispetto a tutto il panorama imprenditoriale italiano, ma anche rispetto a tutto il non profit. ... In questo arco temporale di crescita occupazione limitata, la nostra cooperazione sociale ha contribuito per il 38% al saldo occupazionale complessivo in Italia. E lo abbiamo fatto garantendo la tenuta della coesione sociale del nostro Paese, anche e soprattutto in questi anni di crisi".

E questo è avvenuto anche grazia alla capacità di innovare, magari in silenzio, ben prima che il tema dell'innovazione sociale venisse assunto a pieno titolo nelle politiche italiane ed europee: "Le nostre imprese sono anche uno dei cantieri più importanti di innovazione sociale. Troppi nelle istituzioni, nelle università, sui giornali si affannano alla ricerca di imprese sociali immaginarie e non vedono quelle reali che operano quotidianamente nei territori."

Dunque, secondo le parole del portavoce Guerini, "il nostro primo desiderio ed il nostro principale compito è quello di impegnarci per “Rigenerare l’Italia” con il nostro stile, con il nostro peculiare modo di intraprendere attivamente la solidarietà e di promuovere l’autorganizzazione delle persone intorno ai loro bisogni." Questo si sostanzia nell'individuare le vere urgenze del Paese e nel contribuire con responsabilità ad affrontarle: la non autosufficienza, la disoccupazione giovanile (e in generale l'ingresso attivo delle giovani generazioni nel protagonismo sociale), la povertà, l'infanzia, il degrado di beni comuni che al contrario potrebbero essere gestiti in modo partecipato e contribuire allo sviluppo delle comunità locali.

Per incamminarsi in questa direzione è necessario "dichiarare concluso il tempo della celebrazione dell’avidità come valore ... tagliare gli investimenti che non sono generativi, che si esauriscono nella spesa realizzata senza dare corso a sviluppi ulteriori."

Conclude Guerini: "La risposta alla giustizia sociale e all’equità non arriveranno più solo dallo Stato, non mai dal mercato, ma invece possono arrivare da una «rigenerazione» di un patto sociale che applichi il “metodo della cooperazione sociale. Noi siamo e vogliamo essere la componente che può dare a Stato e Mercato la terza dimensione, quella della solidarietà… che poi se vogliamo è quella della fraternità, senza la quale libertà ed uguaglianza, rimangono principi asettici e spesso l’uno all’altro contrapposti."

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