Startup: bellissima parola. Startup significa sfida; opportunità; rischio; innovazione. Tutti aspetti stimolanti con cui la sottoscritta va a nozze. Ma non tutte le startup sono vincenti. E’ vero nel profit e lo è altrettanto nel nonprofit. Vale per un progetto complesso e, allo stesso modo, vale per un progetto più circoscritto. Tuttavia, per fare in modo che il progetto d’impresa non diventi “un’impresa”, occorre tener conto di 6 aspetti che, nel loro insieme, possono essere considerate le premesse ideali per farcela.

CAUSA. Se è buona, funziona. Banale? Affatto. L’unicità non è una caratteristica del nonprofit. La replicazione sì. E questo è un punto di debolezza noto. Quindi, se si vuole fare impresa sociale è bene partire da un’analisi di mercato preventiva valutando cosa c’è rispetto a ciò che si pensa di fare. In caso vi sia già qualcosa di simile sul territorio o, ancora, vi sia un punto di riferimento importante e noto presente, se si persiste nell’idea vale la pena pensare a come fare la differenza. Su questa poi puntare. E’ nella differenza che sta il valore aggiunto. E’ bene tenerlo presente.

COMUNICAZIONE. Tema caro al blog. Sappiamo bene quanto sia fondamentale comunicare e quanto altrettanto lo sia farlo bene, investendovi attenzione, soldi, capacità, in modo direttamente proporzionale con il proseguire dell’attività. Proprio in queste ore riflettevo su tre aspetti propedeutici alla raccolta fondi, tutti e tre legati, per l’appunto, alla comunicazione sociale e di cui parlerò più diffusamente in un post realizzato per il Salone della CSR (Università Bocconi, 1 e 2 ottobre. Segui @CSRIS_it). Ci tornerò a breve.

COMPETENZE. Know how presente o da acquisire velocemente. La buona volontà è la benvenuta ma l’improvvisazione è una cattiva maestra. Pianificazione e organizzazione sono le regole. Questo per non andare a riempire le fila della moltitudine di onp che, seppur mosse da buon cuore, non sanno esattamente né come si fa e tanto meno di cosa si stia parlando.

COLLEGHI. Un gruppo di lavoro affiatato e orientato agli stessi obiettivi fa la differenza. Abbiamo scritto più volte che insieme si può sì ma la squadra fa la differenza. Se ne hai la possibilità, scegli di stare o di circondarti di persone che ti fanno stare bene: è molto più produttivo.

CASSA. Con i buoni propositi ma le tasche vuote, si va poco lontano. Anche nel nonprofit bisogna pensare a un investimento iniziale che metta in moto la macchina. Nel prosieguo, ci vorranno ulteriori investimenti per continuare ad alimentare il motore. Come scrivevo a proposito della comunicazione, se si vogliono aumentare le performance e fare il salto di qualità, bisogna abituarsi a pensare a questi investimenti come direttamente proporzionali agli obiettivi previsti. A loro volta, gli obiettivi raggiunti apriranno nuove oppotunità che ne richiederanno di ulteriori e via di questo passo. In un circolo virtuoso.

CULTURA. Quanto raccontato sin qui può rientrare comodamente sotto il concetto di cultura d’impresa. Una nonprofit che funziona è una nonprofit che sa pensarsi, o ripensarsi, in termini di impresa. Con la consapevolezza che ciò significa assumersi il rischio di fare delle scelte. Anche contro il senso comune. Basta mantenere saldi i propri valori e avere chiari i propri obiettivi. Sul resto, non c’è nulla di male nell’osare. Il progresso è frutto della capacità di vedere oltre di pochi a vantaggio dei più.

Personalmente, prendo sempre le distanze dal comun sentire intanto cominciamo e poi vediamo… Sono invece più incline a un opportuno ci sono tutti i requisiti affinché sia un successo! Altre idee? (http://elenazanella.wordpress.com/2013/09/09/startup-e-nonprofit-le-6-c-da-cui-partire/)

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