Un’Agenzia comunale per l’alloggio, la regolarizzazione per gli “apolidi di fatto”, il coinvolgimento delle famiglie tra le proposte avanzate.

Con un documento congiunto dal titolo Dall’ossessione securitaria alla solidarietà responsabile. La città di Roma e i rom: linee guida per una nuova politica, l’Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà onlus hanno presentato all’amministrazione di Roma Capitale alcune proposte concrete sulle politiche di inclusione dei rom e sinti. Il documento è stato illustrato in una conferenza stampa che si è svolta proprio in Campidoglio, sede dell’amministrazione comunale.

A fronte di una popolazione rom di circa 7 mila persone, cioè lo 0,24% dei residenti nella Capitale, le due associazioni lamentano che negli ultimi anni le strategie dell’Amministrazione hanno prodotto la segregazione e l’esclusione sociale, alimentando l’intolleranza dei cittadini romani.

Quella dei rom è stata vista come una presenza ingombrante e minacciosa, una “diversità” da segregare in spazi lontani e separati dalla città, quei mega campi monoetnici per i quali il Comune, negli ultimi anni, ha speso oltre 60 milioni di euro. Attraverso la politica dei “campi” e i vari Piani Nomadi che si sono succeduti, gli amministratori locali hanno definito le comunità rom e sinte a Roma come nomadi, non cittadini, individuando il “campo nomadi” come lo spazio nel quale relegarli, benché essi non siano “nomadi” ormai da diverse generazioni. Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà onlus credono quindi che una politica di stampo nuovo sia necessaria e che debba partire dal superamento dei “campi nomadi” come unica soluzione abitativa per i rom e sinti in città. Ribadendo la «necessità di superamento del modello dei campi per combattere l’isolamento e favorire percorsi di interrelazione sociale», così come sancito nella Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, adottata dal Governo italiano nel 2012, il documento congiunto delle due associazioni individua nel passaggio dalla dimensione “campo” alla dimensione “casa” il punto di partenza di nuove politiche per le comunità rom e sinte.

Il documento propone: l’abbandono dell’ottica emergenziale fin qui adottata; l’istituzione di un’agenzia comunale con il compito di individuare progetti abitativi alternativi al “campo”; l’istituzione di un sistema di regolarizzazione degli “apolidi di fatto”; il coinvolgimento attivo dei singoli nuclei familiari e l’azzeramento di quei canali preferenziali che hanno fino ad oggi accreditato sedicenti rappresentanti rom nel dialogo con gli amministratori locali.

Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà onlus chiedono all’Amministrazione comunale la chiusura progressiva, entro 18 mesi, di due “villaggi attrezzati” della Capitale, Castel Romano e Cesarina, nei quali avviare la sperimentazione del superamento dei “campi”. Il primo, il più grande a Roma, ospita 1.300 rom e presenta un costo di gestione di oltre 300 mila euro mensili; il secondo è invece il più piccolo sul territorio comunale (160 persone) e costa 49 mila euro al mese. Tale chiusura può realizzarsi attraverso l’istituzione di un regolamento interno nei due insediamenti che preveda, come criterio di permanenza per le famiglie rom, una soglia del reddito ISEE. In questo modo, per i nuclei familiari in possesso di risorse economiche e immobiliari in grado di garantire autonomia alloggiativa e il pagamento delle utenze, si potrà prevedere l’allontanamento volontario o forzato dal “campo”. Per le altre famiglie, a seconda della loro particolare condizione socioeconomica, saranno invece individuati percorsi personalizzati che contemplino differenti soluzioni abitative alternative al “campo”, percorsi di formazione, oppure interventi di presa in carico per le persone in condizione di particolare fragilità. (http://www.immigrazioneoggi.it/daily_news/notizia.php?id=005644#.Ui7cdT-d8q5)

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