Confronto franco a Imola tra le coop industriali, che fatturano 4 miliardi e danno lavoro a 19 mila persone, e il ministro dello sviluppo economico.

Tu che hai un patrimonio, lo faresti l’imprenditore? Immobilizzeresti i tuoi soldi in un capannone e in macchinari per produrre manufatti con il rischio che il cliente cambi idea all’ultimo momento o che non te li paghi perché anche lui, a sua volta, è un creditore nei confronti di altri? Sapendo che l’80% del tuo guadagno andrà in tasse? Non sarebbe meglio investire in Btp?. Se lo chiede Giuliano Poletti, presidente di Legacoop e dell’Alleanza delle cooperative italiane, all’Assemblea nazionale delle cooperative industriali a Imola. Il settore industriale dell’Ancpl (Associazione nazionale cooperative di produzione e lavoro)-Legacoop raggruppa 500 imprese, circa 19mila occupati, 12mila soci, un valore della produzione 2012 stimato in oltre 4 miliardi. «Nessuna di queste imprese è stata travolta dalla crisi» ha sottolineato il responsabile del nazionale delle Cooperative industriali, Maurizio De Santis, «ma una parte rilevante è a metà del guado e si trova in difficoltà per il calo degli ordinativi e i ritardati pagamenti».

Il dibattito – che si è svolto alla presenza di Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico – è stato franco, risoluto, deciso. A volte anche animoso. Come è nell’abitudine degli emiliani e dei toscani, presenti in gran numero null’auditorium Pertini della cooperativa 3Elle. Chi è così pazzo da fare impresa oggi in Italia? «Ne vale la pena, solo se il sistema Italia fa squadra» dice Poletti. «Si può fare e noi siamo in campo». Ma sul terreno di gioco dovrebbero esserci anche le banche. «La finanza è utile, ma le operazioni di trading non devono soverchiare l’attività bancaria tradizionale. E, comunque, le banche facciano trading con i loro soldi, e non con quelli dei clienti, famiglie e imprese. Io ti do i miei denari, caro banchiere, perché tu li devi prestare al ciabattino Mario che paga un apprendista che impara il mestiere, non li devi usare per scommettere alla Borsa di Hong Kong su quante uova fanno le galline cinesi». Gli applausi sono stati numerosi e convincenti. «Le aziende non si chiudono, si riconvertono. Cambiando, se serve, anche mestiere. Non dormirei la notte se una mia decisione dovesse produrre il massimo danno: la scomparsa di un’azienda. Altrimenti non c’è lavoro: per distruggere 100 posti di lavoro ci vogliono 3 secondi, ricostruirli servono 100 anni».


Il ruolo delle coop

E al governo, che cosa spetta? «Certamente bisogna smetterla di spendere il 90% delle risorse nella spesa corrente e solo il 10% negli investimenti». Chi ha orecchie per intendere… Il movimento cooperativo ha tutti i diritti di farsi ascoltare dall’esecutivo dal momento che «facciamo girare 2 miliardi in termini di investimento, finanziamenti, garanzie. Abbiamo, quindi, dei buoni argomenti per discuterne con il governo e le istituzioni». Chi farà l’imprenditore nella manifattura di domani? «Le persone che sono costrette a vestire questi panni per avere futuro. E mettersi in cooperativa è lo strumento più adatto. Ma dobbiamo convincere l’opinione pubblica, raccontando storie di vita vissuta e sostenendo chi ha rilevato imprese in agonia e ha creato aziende di successo». I dirigenti di importanti cooperative non hanno avuto peli sulla lingua nello spiegare al ministro Zanonato che cosa serve per competere. L’IPT (Industria plastica toscana), preme per un maggior finanziamento alla green economy. Sacmi è un gruppo multinazionale leader nei settori delle macchine per ceramiche e packaging. L’anno scorso ha fatturato 1,2 miliardi. Dà lavoro a 1.000 persone a Imola e a 3mila nel mondo. Dal 2011 ad oggi ha già assunto 130 persone. Una potenza di fuoco, insomma.

La curiosità: Sacmi è nata nel 1919 da nove giovani meccanici e fabbri disoccupati in un momento economicamente e politicamente difficile per l’Italia. Questa azienda ha chiesto al ministro sgravi fiscali a chi assume, Irap più leggera per chi fa ricerca, via l’Imu, scuole più competitive, credito d’imposta per chi investe innovazione, potenziare Ice, Sace e Simest per chi esporta. Non ultimo: meno tasse (68% sugli utili in Italia, 48% in Germania). IVV è una delle maggiori imprese cooperative nel settore del vetro artistico. È stata fondata da un gruppo di maestri vetrai nel 1952 a San Giovanni Valdarno. Fattura 13 milioni. Chiede un minor costo dell’energia, una busta paga più legata alla produttività, un taglio alle unghie della Burocrazia («Trenta organismi pubblici sul commercio estero sono troppi; ne basta uno»). «Coop Legno», che produce serramenti, non aveva «dati entusiasmanti da presentare», vista la crisi dell’edilizia. «Il fatturato negli ultimi cinque anni si è dimezzato, la stretta creditizia è feroce. Stiamo utilizzando il nostro patrimonio, e siamo allo stremo». Che chiedere al governo? «Siamo vicini al punto di non ritorno».


Le promesse del ministro

Zanonato risponde che «le cooperative sono gli interlocutori privilegiati del suo ministero». E ha fornito dati interessanti: l’export è aumentato nel 2012 del 4% e, nel 2013, ha già generato 500 miliardi. «Produciamo più di quanto consumiamo». Buono a sapersi. Il gettito fiscale è superiore (520 miliardi di entrate) a quanto lo Stato spende (437 milioni di uscite). «Andiamo male perché abbiamo 90 miliardi di interessi passivi. Un debito enorme che ci affonda» ha detto il ministro. Bisogna esportare di più, ha sottolineato il ministro, «non solo verso i Bric» (Brasile, Russia, India e Cina), «ma anche negli Usa, in Indonesia e in America Latina»; è necessario rafforzare il «desk Italia», rappresentato da Ice, Sace e Simest, ma è altresì importante «diminuire le tasse, ridurre il cuneo fiscale, tagliare la burocrazia e il costo dell’energia, contrastare le finte cooperative, ridurre l’Imu sugli immobili strumentali delle aziende, sui capannoni e terreni, che sono la prima casa degli imprenditori, perché altre tasse appesantiscono le aziende là dove producono ricchezza». Ha ribadito l’impegno della P.A. a saldare i debiti entro il 2014, sarà potenziato il «fondo centrale di garanzia», saranno messi a disposizione «cinque miliardi di credito agevolato per gli investimenti produttivi» e verranno smaltiti «cinque milioni di processi arretrati che pongono l’Italia a una forte rischiosità giuridica». Infine se il «Pil chiuderà nel 2013 a -1,5%», salirà «nel 2014 a 0,5/0,7%».

Per quanto riguarda le cooperative, Zanonato ritiene che occorra«detassare gli utili reinvestiti, contrastare i finti cooperatori, creare i manager delle cooperative, puntare sui giovani per far nascere nuove cooperative, ottenere più risorse dai fondi europei, mentre anche il credito d’imposta per la ricerca è fondamentale. Infine, mi stimola moltissimo la legge ex Marcora» che consente di utilizzare gli ammortizzatori sociali in funzione della capitalizzazione delle imprese, uno dei cavalli di battaglia del relatore di De Santis: «Occorre creare nuove attività. Un’utilizzazione intelligente della ex Marcora combinata con un nuovo utilizzo degli ammortizzatori sociali ha consentito di salvare migliaia di posti di lavoro».


Proteggere il futuro

Oggi non è un bel momento nemmeno per le cooperative industriali. «Trovo più appropriato parlare di transizione e non di crisi: si deve andare verso il cambiamento e non sperare, superata la crisi, di tornare a un impossibile status quo» ha sottolineato, De Santis. «Il quarto anno di recessione è duro per le coop che operano nel mercato interno, in particolare nelle costruzioni; meno per chi opera sull’estero e che hanno saputo utilizzare investimenti, la ricerca, l’internazionalizzazione e partecipazione attiva dei soci».

Su un fatto, il ministro e coop si sono trovati d’accordo: «Questo Paese deve cominciare a saper condividere le responsabilità. E voi cooperative siete dei moltiplicatori di fiducia sociale» ha detto Zanonato. «La distruzione di fiducia e di un’idea di futuro». E per DeSantis «è necessario riannodare i fili delle reti di fiducia ed in ciò la cooperazione può giocare, e in effetti sta giocando, carte importanti grazie alla sua natura stessa di impresa sociale. Siamo avvertiti come forza positiva economica e sociale, e infatti, cresce la domanda di cooperazione». (http://www.espansioneonline.it/2013/09/coop-industriali-e-crisi/)

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