Mai, forse, un G20 era stato circondato da tanta attesa. E l’economia c’entra davvero poco, anche se il premier Enrico Letta spera che il Vertice sancisca la fine della crisi e certifichi l’emancipazione dell’Italia dal ruolo di sorvegliato speciale. La crisi siriana polarizza l’attenzione: i contatti bilaterali e gli ‘a margine’ diventano più importanti delle sessioni plenarie; Emma Bonino spera che i leader abbiano “un confronto utile” a sbloccare lo stallo e tracciare un percorso per una soluzione politica.
Siamo al paradosso: il G20, praticamente sorto dalle rovine del G8 dell’Aquila per affrontare la crisi dell’economia globalizzata, esautorando di fatto il Gruppo dei Grandi, ha vivacchiato per un lustro senza affermare la propria leadership e deve ora surrogare d’urgenza il G8 su una questione di vita o di morte, una di quelle che i Grandi s’erano un po’ tenuti come prerogativa. In un clima, almeno tra Usa e Russia, che per molti versi evoca la Guerra Fredda.
La vigilia è stata un crescendo di grida di guerra, altroché mosse di pace. Oggi, papa Francesco scrive al presidente russo Vladimir Putin, presidente di turno del Vertice, e lancia un appello ai leader del mondo: dovere morale è trovare una soluzione che eviti il massacro. E, anche per l’input del papa, lo scenario potrebbe cambiare, nel giro di 48 ore.
Intorno al tavolo di San Pietroburgo, Putin, presidente di turno e padrone di casa, e il presidente Usa Barack Obama non siedono vicini: i leader prendono posto secondo l’ordine alfabetico, non quello cirillico -Russia e Stati Uniti sarebbero accanto-, ma quello inglese. Ecco frapporsi Arabia Saudita, Sudafrica, SudCorea, Turchia e Gran Bretagna.
Sedie lontane. E posizioni lontane, almeno all’inizio, specie sulla Siria, Lungo la Neva, Obama inanella i bilaterali. Letta assicura tra Usa e Italia non c’è nessuno strappo, anche se Washington vuole punire Damasco per l’uso del sarin contro i civili e Roma subordina l’azione all’avallo dell’Onu, che non c’è. Previsti pure contatti Usa/Russia: i rischi in Siria sono troppo alti per tenersi il broncio, al di là delle smargiassate dei vari campi.
L’Ue c’è, ma –proprio sulla Siria- è più sparpagliata che mai: la Francia ha le mani che prudono (e Hollande sta con Obama); la Gran Bretagna pure, ma i Comuni hanno imposto l’altolà a Cameron; Germania e Italia di stare con i volenterosi che attaccano la Siria non ci pensano neppure.
Nato nel 1999 come foro dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali e creato per favorire la globalizzazione e la concertazione, tenendo conto delle economie emergenti, il G20 assunse al rango di vertice nel novembre del 2008 a Washington, allo scoppio della crisi economica e finanziaria. L’anno dopo, gli appuntamenti furono addirittura due: Londra, ad aprile, e Pittsburgh, a settembre, dove si decise che il G20 sostituisse il G8 come strumento di concertazione economica delle nazioni più sviluppate.
Il G20 rappresenta i due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre al 80% del il mondiale. I seguiti di Pittsburgh non furono però all’altezza delle premesse: Toronto e Seul 2010, Cannes 2011 e Los Cabos in Messico 2012 sono serviti a constatare l’andamento della crisi più che a indirizzarlo. L’incognita è se San Pietroburgo saprà spingere il Mondo verso la pace. (
http://www.euractiv.it/it/news/economia-finanza/7661-g20-vertice-cruciale-per-siria-non-economia-e-lue-e-divisa.html)