L’appello dell’agenzia Onu a FAO per riavviare la produzione agricola e zootecnica. Gli occhi del mondo sono rimasti puntati sulla guerra in Mali e sull’intervento francese contro le milizie islamiche e poi sulle elezioni che sembrano aver restituito quel Paese all’unità territoriale ed alla normalità politica, ma in molti si sono scordati le ragioni che stanno dietro la continua turbolenza politica e sociale ed ai golpe che funestano i Paesi del Sahel. Ce le ricorda oggi la Fao avvertendoci che «Circa 11 milioni di persone nel Sahel continuano a soffrire di grave insicurezza alimentare. Le famiglie povere hanno esaurito tutte le possibili scorte di cibo e in attesa del prossimo raccolto devono fare i conti con prezzi alimentari sostenuti».
L’Agenzia dell’Onu oggi ha lanciato un preoccupato appello alla comunità internazionale «Per incrementare i finanziamenti destinati agli aiuti per le popolazioni più vulnerabili della regione a sud del Sahara». Infatti, nonostante la Fao, mentre i carri armati e gli aerei francesi liberavano il Nord del Mali, avesse chiesto 113,1 milioni di dollari per assistere circa 6 milioni di persone ne sono stati erogati solo 19,4 milioni , il 17% del totale richiesto. Nonostante questo, con i contributi ricevuti finora, la Fao ha portato aiuto a circa 1,6 milioni di agricoltori e pastori della regione. I principali donatori a sostegno della campagna della FAO nel Sahel sono stati l’Austria, il Belgio, la Commissione europea, la Finlandia, la Francia, la Germania, l’Italia, la Norvegia, il Sudafrica, la Spagna, la Svezia, la Svizzera, e l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usauid), ma sono gocce in un mare di fame, disperazione e malattie da denutrizione.
Lamourdia Thiombiano, capo ad interim dell’Ufficio Regionale della Fao per l’Africa e dell’Ufficio per l’Africa occidentale, avverte che «Le ripetute crisi alimentari nel Sahel del 2005, 2008 e 2012 hanno eroso la capacità delle popolazioni povere di mantenere o ripristinare i propri mezzi di sussistenza. Invece di lavorare i propri campi, molti agricoltori poveri sono stati costretti a vendere la propria forza lavoro e non hanno potuto profittare delle buone condizioni climatiche per i raccolti del 2012.
I bisogni della regione del Sahel sono enormi ed è necessario un rinnovato impegno da parte della comunità dei donatori per sostenere l’agricoltura e la produzione animale. Investire in agricoltura e rafforzare la capacità di ripresa dei contadini poveri aiuta a ridurre la fame e la povertà e a difendersi dalle possibili crisi alimentari future nella regione».
La Fao è fortemente preoccupata proprio per la situazione nel nord del Mali, ma anche per la Nigeria settentrionale e dei Paesi vicini, «Dove i prezzi del sorgo, del miglio e del mais continuano ad aumentare. Anche il livello nutrizionale dei bambini sotto i cinque anni rimane preoccupante, con un’elevata e permanente incidenza di malnutrizione acuta con un aumento di ricoveri nei centri di riabilitazione, vicino adesso ai livelli del 2012, in particolare in Ciad, Mali, Niger e Nigeria. Quest’anno più di 1,4 milioni di bambini sono a rischio di malnutrizione grave».
Nel Sahel c’è la stagione magra, chiamata anche stagione della fame, che è arrivata prima del previsto a per gli effetti negativi che la crisi del 2012 ha avuto sulle famiglie più povere. La Fao spiega che «Per pagare i debiti le popolazioni più povere hanno dovuto vendere i cereali destinati al proprio consumo, hanno perso il bestiame ed esaurito le scorte di cibo e sono adesso costrette a comprare cibo in una situazione di alti prezzi sul mercato». A questo si aggiunge un altro preoccupante fenomeno: l’esodo delle popolazioni che fuggono dall’instabilità e di disordini in alcune aree del Sahel, in particolare in Mali e nel nord della Nigeria sconvolto dalle violenze settarie degli integralisti islamisti di Boko Haram che «Ha causato un ulteriore aggravamento sulle comunità ospitanti già colpite dalla recente crisi alimentare, e ha aumentato la concorrenza per l’accesso ai servizi di base – dice la Fao – Molti rifugiati hanno portato con sé il bestiame, aggiungendo così pressione sui pochi pascoli disponibili e sulle scarse risorse idriche, mettendo a rischio l’intera situazione zootecnica della regione, con la possibile diffusione di malattie animali e l’aumento di situazioni conflittuali tra i rifugiati e le comunità ospitanti per le scarse risorse disponibili. Per assicurarsi un reddito minimo, i contadini più poveri sono stati costretti a vendere la propria forza lavoro, invece di lavorare la propria terra, non riuscendo così a trarre profitto dalle buone condizioni climatiche e dal buon raccolto del 2012».
Per questo l’agenzia alimentare dell’Onu è al lavoro per costruire la capacità dei contadini e dei pastori poveri di rispondere a queste gravi situazioni d’emergenza ed evidenzia che «Sono necessari fondi per fornire agli agricoltori sementi, fertilizzanti ed attrezzi per la prossima stagione agricola, che va da ottobre 2013 ad aprile 2014, e per migliorare le strutture per la conservazione, la lavorazione ed il trasporto dei prodotti agricoli. Per aiutare i pastori nomadi della regione, servono inoltre fondi per fornire integratori alimentari destinati al bestiame, per campagne di salute animale, per il ripopolamento e per fornire supporto tecnico per migliorare la gestione del bestiame. Le prime attività di allerta precoce e di preparazione per riuscire a prevedere e mitigare le crisi future, di riabilitazione dei sistemi d’irrigazione e dei punti d’acqua, nonché il ripristino delle terre degradate sono la chiave per rafforzare la capacità produttiva e la resilienza delle popolazioni».
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