Ci raccontano che i biocarburanti sono la soluzione per combattere l’inquinamento delle nostre auto: carburanti ecologici, prodotti da materie prime rinnovabili, alleati nella battaglia contro i cambiamenti climatici. Una storia a cui tutti vorremmo credere, peccato che non sia vera! L’impatto di questi carburanti, tutt’altro che “bio”, è ben altro: sfruttamento e accaparramento di terra e acqua, distruzione di foreste, perdita di biodiversità e, in alcuni casi, non vi è nemmeno alcun risparmio di emissioni di anidride carbonica rispetto al petrolio. E, soprattutto, malnutrizione e fame, perché questi combustibili vengono oggi prodotti in gran parte a partire da colture alimentari come mais, soia o canna da zucchero: cibo che finisce nei serbatoi delle macchine anziché nella pancia delle persone!
Basta leggere le storie di Mwanahawa dalla Tanzania o di Cefarina e María Inés dal Paraguay. Storie di contadini che perdono improvvisamente la libertà di coltivare la propria terra, la dignità di vivere del proprio lavoro e la sicurezza di poter mettere del cibo in tavola per le loro famiglie, perché qualcuno decide che coltivare jatropha o soia per produrre biodiesel da vendere agli automobilisti europei “è più conveniente”. Più conveniente per chi? Non certo per chi soffre la fame. Solo nel 2008, i frutti della terra utilizzati per produrre biocarburanti avrebbero potuto sfamare 127 milioni di persone – riducendo la fame nel mondo di quasi il 15%.
C’è ne è abbastanza per cambiare rotta. Eppure finora, i Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, hanno sostenuto questo tipo di produzione disinteressandosi dei costi sociali, ambientali ed economici: basti pensare che nel solo 2011 ben 6 miliardi di euro sono andati a sostegno di questa produzione. Contributi dei cittadini europei a sostegno di politiche “verdi” che di sostenibile finora non hanno niente.
Tuttavia, oggi abbiamo una possibilità unica per cambiare le cose, e fare in modo che Cefarina, María Inés e tutti i contadini come loro possano tornare a vivere del proprio lavoro. Nei prossimi giorni, il Consiglio e il Parlamento Europeo si esprimeranno sulla proposta di una nuova direttiva che propone la riduzione del consumo di biocarburanti prodotti da materie prime alimentari. La lobby dell’industria di settore sta però ostacolando questa proposta, con l’obiettivo di difendere i propri interessi a discapito di quelli collettivi.
Per questo dobbiamo far sentire la nostra voce: chiediamo al Parlamento Europeo e ai Governi dell'UE di tutelare i diritti umani e l’ambiente modificando l’attuale normativa sui biocarburanti, adottando misure volte a limitare al 5% e progressivamente azzerare il consumo di tutti quei biocarburanti che sottraggono cibo, terra ed acqua: risorse fondamentali per nutrire il pianeta. Il cibo non può essere usato per produrre benzina!
Per Oxfam Italia e ActionAid è uno scandalo alimentare i serbatoi delle auto a spese di più di 800 milioni di persone che ogni giorno vanno a dormire affamate. Cambiare rotta si può: riconoscere gli impatti provocati dai biocarburanti è determinante per mettere in campo alternative più sostenibili nel settore dei trasporti, promuovendo ad esempio la mobilità elettrica, l’efficienza energetica e il trasporto pubblico. (
http://www.change.org/nofoodforfuel)
Firma questa petizione lanciata da Oxfam Italia e ActionAid