E cominciamo a parlare di Africa. Dopo il mio primo post su un progetto di mappatura partecipativa in un quartiere di Torino, vi parlerò di un progetto altrettanto interessante che si è svolto in uno Stato un po’ lontano dai nostri mari: il Kenya.

E in verità, è stato proprio il Kenya ad ospitare un team di giovani techies dell’Ihub che nel 2008 hanno creato il primo software open source di crowdmapping, Ushahidi. Ushahidi, che in kiswahili vuol dire testimonianza, si occupa di raccolta di informazioni, visualizzazioni e mappe interattive ed è nata a Nairobi proprio in seguito ai disordini post-elettorali del 2008.

Nel Marzo 2013 una organizzazione dello slum di Kibera (il secondo più grande di tutta l’Africa) ha deciso di utilizzare la crowdmap per monitorare tutto quello che accadeva in tre slum di Nairobi: Kibera, Mathare e Mukuru. Così, mentre il team di Ushahidi lavorava per il territorio nazionale, Map Kibera inviava 55 reporter, tra ragazzi e ragazze, che monitoravano di persona le stazioni di voto e le strade delle baraccopoli, inviando i loro report tramite SMS su arresti, violenze o disordini in generale. Gli SMS venivano ricevuti da un team specializzato che trasformava gli input informativi dei messaggi in output visuali nella mappa, rendendo interattivi i risultati del loro lavoro e avvisando direttamente le forze dell’ordine in caso di gravi segnalazioni.

In Kenya si dice che questo anno non sono scoppiate le violenze grazie alle numerose e potenti campagne mediatiche e grazie a tutte le persone che si sono impegnate nella diffusione di messaggi di pace e di prevenzione alla violenza, grazie anche all'utilizzo del web e a tutte quelle tecnologie che hanno permesso alle persone di avere diretto accesso a dati e notizie riguardanti le elezioni.

Ma in un posto come uno slum africano, non entrare in una guerra civile come quella avvenuta nelle elezioni precedenti del Kenya non rappresenta di certo un colpo di fortuna o una soluzione ai loro problemi quotidiani. Essendo un insediamento “informale” e quindi un luogo non avente diritto ai servizi pubblici come l’acqua, la fognatura o l’elettricità (per citarne solo alcune), una delle speranze maggiori dagli abitanti è quella di ricevere degli aiuti statali per costruzione di servizi come gabinetti pubblici, ospedali o scuole.

L’organizzazione Map Kibera sta infatti per intraprendere un nuovo progetto di monitoraggio dei finanziamenti pubblici indirizzati alla costruzione di opere all'interno dei tre slum sopra citati, il Slum Youth Map Community Development Fund. Nella maggior parte dei casi le opere non vengono costruite a causa di un forte sistema di corruzione che ne impedisce la regolare attività e anche le informazioni che si hanno sui progetti finanziati non sono di facile accesso per il cittadino medio.

L’Ong, composta da giovani reporter e mappatori provenienti dagli stessi slum, mapperà i luoghi precisi di tutti i progetti governativi e raccoglierà informazioni riguardo all'andamento dei lavori, pubblicando i dati in una piattaforma online accessibile a tutti.

Il lavoro di Map Kibera rappresenta un esempio positivo di ICT4D, in cui l’uso consapevole di tecnologie open source come la crowdmap e un approccio partecipavo che cerca di coinvolgere veramente la comunità della baraccopoli e di accrescere la governance della comunità, fa del Kenya, e dell’Africa in generale, portatore di una nuova consapevolezza e autonomia e, perché no, esportatore di tecnologia e innovazione verso il “Nord” del mondo. (http://blog.wired.it/ictforpeople/2013/08/26/quando-le-ict-funzionano-anche-negli-slum.html)

di Elisabetta Demartis

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