Secondo un rapporto presentato da
Save the Children e l'
Education for All Global Monitoring Report dell'Unesco nel 2012 nel mondo ci sono stati 3600 attacchi volti ad impedire ai bambini l'accesso all'educazione. IL discorso di Malala ale Nazioni Unite. La diffusa discriminazione contro le bambine.
di Alessandro Micci
ROMA - Ghofran ha 11 anni è una bambina siriana e da un anno non va a scuola. Vive in Libano con la sua famiglia come rifugiata, ha lasciato la Siria in seguito all'estendersi del conflitto e sebbene da un anno non frequenti lezioni vive all'interno di una scuola, dorme sul pavimento di una classe abbandonata e non esce mai. La scuola che potrebbe frequentare in Libano è molto lontana e la madre non la lascia andare perché pensa che il viaggio sia troppo rischioso.
Il discorso di Malala all'ONU. A Malala i talebani hanno sparato sullo scuolabus che la riportava a casa il 9 ottobre del 2012, aveva quindici anni e già da quattro su di un blog aveva preso posizione in favore del diritto all'istruzione delle ragazze. Malala è stata ferita, non uccisa, come invece un'amica sfortunata di Ghofran in Siria, e nel giorno del suo compleanno, il 12 luglio di quest'anno, ha pronunciato un toccante discorso davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite chiedendo il diritto allo studio per tutti i bambini del mondo.
Il rapporto, dati e cifre. Nello stesso giorno Save the Children e l'Education for All Global Monitoring Report dell'Unesco hanno presentato il rapporto Attacks on Education che prende in esame l'impatto che conflitti, violenze e altre gravi violazioni hanno sul futuro dei bambini in tutto il mondo. Sono ben 50 milioni i bambini tra i sei e i quindici anni che a causa di guerre e distruzioni non hanno accesso all'istruzione. È quasi l'equivalente dell'intera popolazione italiana, di questi 28,5 milioni sono studenti delle scuole elementari e più della metà sono bambine, altri 20 milioni sono studenti delle scuole superiori. Tra le cause che contribuiscono ad alimentare quello che potremmo definire un Paese virtuale nel quale muore il futuro del mondo c'è il reclutamento dei minori in gruppi armati, il bombardamento delle scuole, le intimidazioni a studenti e insegnanti, le uccisioni, i ferimenti, le torture. Nel corso del 2012 si sono registrati 3600 attacchi dei quali il 70% in Siria, dove sempre secondo il rapporto 3900 scuole sono state distrutte, danneggiate, o occupate.
Il rapporto in carne ed ossa. Racconta Ghofran che quello che le manca di più della Siria sono i compagni di scuola e le lezioni. "Quando andavo a scuola era bello studiare, mi divertivo, avevo buoni voti" dice "andavo a scuola con i miei amici e dopo tornavamo a casa a studiare insieme. Finché non hanno cominciato a bombardare le scuole. Non volevo sfidare le bombe e avevo paura di essere rapita, per questo ho smesso di andare".
Un problema nel problema. "Se c'è un risvolto ancora più allarmante all'interno di questa emergenza è la questione che riguarda le bambine" dice Valerio Neri, direttore generale di Save the Children "è come se ci fosse una forma di aggressività in più verso l'educazione femminile. Questo aspetto non si registra solo per motivi religiosi, in Paesi in cui c'è un'interpretazione islamica più restrittiva, ma anche per fattori culturali o altri aspetti che entrano in gioco, come in quasi tutti i Paesi in guerra dell'Africa, dove non sempre il fattore religioso è preponderante. L'atteggiamento che porta i genitori a non mandare a scuola le bambine è spesso dovuto al fatto che le devono dare in sposa, anche molto piccole, in cambio di una dote, magari capi di bestiame, o per mandarle a lavorare. Sono infatti più spesso le femmine rispetto ai maschi ad essere mandate al lavoro, mentre per questi ultimi viene concepito e accettato più facilmente un periodo di alfabetizzazione in cui frequentare una scuola. Spesso gioca un ruolo anche la paura che le bambine possano subire violenza nel tragitto che le porta a scuola, attraversando zone poco sicure, e le madri preferiscono tenerle a casa".
Cambia la causa, non cambia l'effetto. "Eppure abbiamo dati statistici delle Nazioni Unite" continua Neri "che dimostrano che una bambina con un'educazione di base, cioè la capacità almeno di leggere e scrivere, è più capace di un uomo di innescare una microeconomia e che i suoi figli avranno più probabilità di superare i cinque anni di vita rispetto a quelli di una donna che non ha ricevuto nessuna istruzione. Il motivo per cui c'è un accanimento contro l'istruzione femminile può cambiare con il parallelo o il meridiano" conclude Neri "e variare da interpretazioni religiose radicali ed estremiste fino a motivi di interpretazione culturale e di matrice economica che spingono a certe pratiche consolidate, ma tristemente l'effetto e le conseguenze sono sempre le stesse".
Una pesante sottovalutazione. Non se ne parla troppo, dell'accesso negato all'istruzione, come non si parla troppo neanche dei conflitti che ne sono la causa. E' in gioco il futuro di una parte considerevole della popolazione mondiale. Sempre secondo il rapporto, nel 2011 solo il 2% del totale dei fondi umanitari in emergenza stanziati dalla comunità internazionale è stato rivolto all'educazione nelle emergenze. Ma se la richiesta era di salire almeno al 4% sembra che la reale portata del problema non sia stata colta visto che nel 2012 si è scesi ulteriormente all'1,4% del totale. (
http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2013/08/05/news/bambini_senza_scuola-64337250/?rss)