Piergiacomo Pagano, biologo e filosofo ambientale, dalla Grecia a greenreport.it. Non solo crisi, la città non dimentica la sua natura: arrivano da tutto il pianeta più di 2.500 filosofi per il XXIII Congresso mondiale di filosofia, al quale partecipa il ricercatore italiano.
di Luca Aterini
Per dirla col sociologo Zygmunt Bauman, una delle vittime silenziose di questa nostra modernità liquida è il tempo: corre sempre più veloce, fino a diventare puntiforme. Il XXI secolo ha ancora tempo per far filosofia?
«La filosofia ha sempre mosso il mondo e continuerà a farlo. Chi snobba la filosofia non sa che il suo snobbare è esso stesso filosofia. C’è sempre un pensiero filosofico alla base della nostra visione del mondo e quindi del nostro agire. C’è, però, filosofia e filosofia. Una filosofia sterile, autoreferenziale, che finisce con l’imputridire e una filosofia dinamica, moderna che si interroga sulle nuove realtà e produce idee innovative. I politici sono i primi a dover ascoltare ciò che la filosofia consiglia, ma gli altri non devono essere da meno, soprattutto scienziati e tecnologi. E se lo dice uno scienziato come me…»
Si potrebbe anche insinuare che in tempo di crisi ci sia da pensare ad altro che filosofeggiare, altrimenti “si finisce proprio come la Grecia”. Ma Atene non demorde, e per una settimana si riscopre culla della filosofia. La Grecia della crisi ha ancora qualcosa da insegnarci?
«Ritornare ad Atene e vedere tanti negozi chiusi e tante persone con gli occhi malinconici se non disperati mi ha toccato nel profondo. Alcuni di loro chiedono qualche spicciolo agli angoli delle strade, ma non sono i “soliti” mendicanti. Sono persone comuni che hanno perso il lavoro e la dignità. Ma ho visto anche un’altra Grecia, viva e dinamica. Una Grecia che vuole risollevarsi e si sta risollevando. Alla cerimonia di apertura, in uno stracolmo Odeum of Herodes Atticus, il sindaco di Atene è stato apertamente contestato a sottolineare la distanza della politica dalla gente. Un monito ai politici di tutto il mondo proveniente dai filosofi di tutto il mondo. Un momento di grande tensione, una richiesta di lealtà e onestà».
In Morals and Markets, una recente ricerca di economisti e neuroscienziati pubblicata su Science, si afferma – dopo un esperimento che ha coinvolto 700 persone – che l’economia di mercato erode i valori morali. Si tratta di un risultato che offre anche basi filosofiche?
«Anche se molti scienziati snobbano la filosofia e viceversa, filosofia e scienza interagiscono da sempre. Einstein quando formulò la teoria della relatività faceva filosofia. Spesso è la filosofia che segue la scienza. Non potremmo parlare di bioetica se non avessimo studiato l’uomo biologico, sociologico, psicologico. Alla sua domanda rispondo con la mia definizione di filosofia ambientale: “La filosofia ambientale è un processo che attinge conoscenza da ogni attività umana (scienze, letteratura, arte, miti ecc.), la elabora in un processo di integrazione multidisciplinare per enunciare principi utili ai legislatori nel perseguire la sostenibilità, l’equilibrio e l’armonia con la Natura”. E’ la nostra tradizione riduzionista che ci induce a credere che le diverse discipline siano separate. Così non è, e la risposta alla sua domanda è: sì».
Più di 2.500 filosofi da tutto il mondo si riuniscono insieme in questi giorni. Nonostante le diversità, il condividere un’etica altrettanto mondiale su temi che hanno un respiro globale – come l’ambiente – crede sia un’ambizione ancora percorribile?
«In una delle sessioni dedicate alla filosofia ambientale studiosi di tutto il mondo hanno avuto il compito di fare un quadro della situazione del loro paese. Così ho fatto io come rappresentante italiano. E’ proprio dal riconoscimento delle diversità che deve essere governato il processo della globalizzazione. E quale migliore campo di integrazione se non l’ambiente? I problemi ambientali riuniscono i paesi nell’unica vera preoccupazione: la sopravvivenza del pianeta. L’Europa unita è un ottimo esempio di processo di integrazione e di allargamento degli orizzonti. Riunendo paesi con tradizioni così diverse non si può pensare che l’integrazione sia naturale. Ognuno deve rinunciare a certi privilegi e lottare per sviluppare le eccellenze».
Da tempo la filosofia ambientale indaga i limiti etici dell’azione umana e il posto dell’uomo nella natura. Un percorso che appare ancora lontano dal terreno politico: a cosa crede sia dovuta questa distanza?
«Nel rapporto uomo/natura il discorso filosofico ha fatto grandi progressi. Basta guardare l’evoluzione della definizione di sviluppo sostenibile nel corso degli anni. Il concetto antropocentrico debole sta trasformandosi in ecocentrismo. Io credo che ciò non sia sufficiente e ho avanzato una nuova idea di filosofia che ho chiamato eco-evo-centrismo a sottolineare la dinamicità dei processi. Ne ho scritto nel mio intervento intitolato Ambientalismo propositivo nel libro Etiche dell’ambiente, Led 2012, così come nell’appendice del libro Storia del pensiero biologico evolutivo edito dal mio ente, l’Enea, e scaricabile gratuitamente dal suo sito www.enea.it. Ne tratterò in maniera più compiuta in un prossimo scritto.
Per rispondere direttamente alla sua domanda credo che la politica oggi non solo sia distante dalla filosofia ambientale, ma sia molto distante dai problemi dei cittadini. Nel libro La politica propositiva: il governo nella globalizzazione e nel multiculturalismo, Limina Mentis 2012, ho dato qualche consiglio in merito, ma se posso essere provocatorio le dico che anche gli italiani devono fare un esame di coscienza.
Non si può pensare che arrivi l’uomo taumaturgico a risolvere i nostri problemi, sia esso un Berlusconi o un Grillo. Per progredire, svilupparci in modo sostenibile, e tornare ad essere un esempio di volontà di fare e creatività nel pensare così come eravamo noi italiani negli anni ’60, dobbiamo renderci conto che non esistono scorciatoie. Dobbiamo rimboccarci le maniche e tornare ad essere gli artefici del nostro futuro scegliendo i politici che fanno pochi proclami e lavorano sodo».
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